SNT Materiali & Proposte
In una Scuola di
Narrazione Territoriale che fa tappa sulla biodiversità, servirebbe certamente uno svelto censimento
che, partendo da opere ed autori che vi hanno dedicato attenzione, piantasse
bandierine proprio laddove, nelle loro pagine, prendono vita, e denominazione
precisa, animali e piante, coltivazioni e paesaggi del territorio.
Come tasselli di un mosaico
del "biodiverso" che c'è sempre, ma che spesso scordiano, questi
elementi della natura - così variegata e tuttavia assai poco conosciuta, resa
spesso muta e priva di denominazioni - si incastonano quasi senza chiedere permesso
dentro il racconto che l'autore va fabbricando.
Una volta trovato il loro posto
tagliano la strada o prendono a braccetto le vicende raccontate, si mettono sotto
gli occhi di protagonisti e comprimari e li accompagnano da una stagione
all'altra.
Quando questo riguarda un territorio che ben
si conosce, come questo Oltrepò dove la SNT sta muovendo i suoi passi, e
avviene per opera di uno scrittore di sicuro valore e di solido spessore come
Paolo Repossi che ha visto i suoi romanzi e i suoi racconti pubblicati da
Instar Libri, la tentazione di chiedergli di tracciare, seppur in sintesi, una
vetrina della "biodiversità" , nelle sue opere, è stata ovvia. Quasi doverosa. (gb)
OLTREPOBIODIVERSO?
NEI MIEI LIBRI E' COSI'
di Paolo Repossi
Le sarmase
"Appena il sole
batteva dritto sui rivoni
pelati, proprio dietro le ultime case di Borgalto, l’estate sembrava capace di
fermare tutto.
Come se a un certo punto della giornata,
per un accordo preso da tanto tempo e sempre rispettato, le cose e gli uomini
la smettessero di fare del rumore e del movimento.
Rimaneva fuori solo la terra. In basso
quella scura e mossa delle vigne, e in alto quella chiara dei rivoni e delle
sarmase, che erano posti dove non andava mai nessuno, perché non andavano bene
per fare niente e non rendevano niente.
Il Signore che aveva creato le sarmase
non era stato tanto a guardare quando si era trattato di metterci della terra
grigia.
Ne aveva messa così tanta che per farcela
stare tutta, nello spazio che c’era, l’aveva dovuta piegare come una
fisarmonica.
Tra una piega e l’altra, a furia di
scorrerci acqua, era venuta fuori la roccia che c’era sotto, come a un corpo
che via la pelle e la carne si vedono le ossa.
C’erano venute delle piante che non
sembravano neanche di quelle colline, sembravano quelle dei posti di mare.
D’estate, quando era tutto fermo, stare
da soli, in mezzo a certi fiori piccoli e colorati, faceva sentire davvero
importanti."
da Estate in pieno
(Pochi altri panorami ricordano l'Oltrepò
come le sarmase. Tutti, per avere la cittadinanza oltrepadana, dovrebbero
almeno una volta recarvisi in pellegrinaggio)
"Al primo acquazzone dell’autunno il
fango si era mosso, di notte, da dove stava nascosto.
Era venuto giù come una cioccolata calda.
Appena aveva capito che non c’era niente
a fermarlo, aveva riempito le cunette, e in silenzio si era allargato
sull’asfalto della provinciale trentotto, subito dopo Montuberchielli e ancora
più avanti, in altri due punti.
Poi era andato avanti a piovere piano.
Era bella la pioggia alla fine dei
temporali, quando diventava sottile.
Sembrava una pioggia straniera, forse
atlantica. Il vento a raffiche la faceva ballare come un tendone pesante, e
nascondeva, dietro, un cielo di carta velina."
da La gestione dell'aria
(Il fango ha fatto scappare più gente
dalle colline che non la miseria, o la distanza. È stato lui, nel tempo, uno
dei nemici più forti)
il vento e le piante
"Ai lati del fosso che veniva giù
dalla Mezzacosta c’erano due file di piante.
Robinie e sambuchi, che a maggio erano
sempre carichi di fiori bianchi e di un profumo che si allargava per metà della
vallata.
Piacevano a Elio, e anche dopo aver
sentito dire che le robinie sono infestanti, a lui piacevano lo stesso.
Le trovava eleganti e intraprendenti, con
quel fusto dritto e sottile e quei rami che andavano a cercarsi la luce negli
angoli dove filtrava.
Chissà perché sono tutte piegate da una
parte, e dalla stessa parte poi.
Si vede che sono piante che a un certo
punto si piegano. Era una considerazione che a Elio veniva spontanea ogni volta
che passava di lì.
Si era costruito una serie di ipotesi sul
fatto che fossero così storte.
Forse era per via del movimento
dell’acqua nel fosso, o forse per quello della terra, che ferma, da quelle
parti, non ci rimaneva quasi mai.
Magari era il peso di tutti quei fiori in
primavera, oppure, più semplicemente, il vento.
Però il vento una pianta la può piegare solo
quando soffia. Era questo che lo lasciava senza parole. Il vento che piega le
piante anche quando non c’è.
Allora, ragionando così, poteva anche
essere il tempo."
da l'erba che fa il grano
(Ogni tanto mi piace saltare in groppa
a un personaggio e fargli dire qualcosa di strano)
la nebbia in collina
"Certe nebbie, in collina, si ha sempre l’impressione di
potersele scrollare di dosso in un attimo, come si fa con una coperta troppo
pesante nelle notti di inizio primavera.
Si ha la tendenza a pensare che basterà
salire ancora un po’ per esserne fuori e vedere finalmente un pezzo di cielo."
da l'erba che fa il grano
(la collina ha un clima migliore della
pianura. È sempre un posto verso dove fuggire)
i torrenti
"Coppa, il nostro torrente, l’hanno
svuotato come una cava per un bel pezzo, almeno un chilometro. Hanno continuato
un mese a portare via camion di ghiaia, e di sicuro ne hanno portati via più di
quelli che erano previsti, perché viaggiavano tanto la mattina presto e tanto
anche la sera.
Se uno va adesso a vedere, c’è un letto
così largo che Coppa non ce la farà mai a riempirlo d’acqua. L’hanno anche
abbassato di un bel metro, e tutti i fossi che ci finiscono dentro dovranno
abbassarsi anche loro, così cominceranno a mangiare terra attorno e magari
metteranno in movimento delle frane.
Dentro Coppa erano cresciuti i salici e
le canne, che si piegavano quando veniva giù una piena, poi si raddrizzavano
pian piano, ancora sporchi di malta.
Se uno andava a farci quattro passi era
tutto così, salici, canne e pozze d’acqua ogni tanto.
Adesso sembra asfaltato."
da can che dorme
(certe volte ci si mettono gli uomini a
complicare tutto)
le frane e la neve
"La seconda nevicata dell’anno era stata una nevicata come si
deve. Ne aveva messi giù almeno quaranta centimetri. Aveva livellato tutto, e
aveva fatto tirare un po’ il fiato a quelli che avevano le frane, che adesso
non si vedevano più."
Era venuta ancora una spolverata, che
stavolta aveva messo in evidenza tutte le frane.
Come la farina sopra una pagnotta, come
il cemento asciutto sopra una soletta malfatta."
da la gestione dell'aria
(buon segno, se ci si vergogna ad avere
le frane. È ancora un paese ben coltivato)
le stagioni
"Devo ricordarmi di fare attenzione
a quando arriva la primavera, perché è un momento speciale, e se uno non ce
l’ha presente, il momento scappa via.
Devo ricordarmi che fa caldo davvero solo
tra metà luglio e metà agosto, e non fa caldo continuamente.
Di sera, dietro casa, c’è quasi sempre
aria. Se riesco a tenerlo presente, l’estate diventa più sopportabile.
Mi devo ricordare che al primo temporale
dopo ferragosto comincia a far fresco e le giornate sono un bel po’ più corte
che a giugno.
Devo avere ben presente che non è vero
che non ci sono più le stagioni.
Ci sono, e ognuna, devo ricordarmelo, ha
dentro qualcosa che può far diventare la vita più leggera, così c’è meno da
spaventarsi di tutto il resto."
da l'erba che fa il grano