giovedì 7 giugno 2018

OLTREPOBIODIVERSO? NEI MIEI LIBRI E' COSI' di Paolo Repossi


SNT Materiali & Proposte




 In una Scuola di Narrazione Territoriale che fa tappa sulla biodiversità, servirebbe certamente uno svelto censimento che, partendo da opere ed autori che vi hanno dedicato attenzione, piantasse bandierine proprio laddove, nelle loro pagine, prendono vita, e denominazione precisa, animali e piante, coltivazioni e paesaggi del territorio. 
Come tasselli di un mosaico del "biodiverso" che c'è sempre, ma che spesso scordiano, questi elementi della natura - così variegata e tuttavia assai poco conosciuta, resa spesso muta e priva di denominazioni -  si incastonano quasi senza chiedere permesso dentro il racconto che l'autore va fabbricando. 
Una volta trovato il loro posto tagliano la strada o prendono a braccetto le vicende raccontate, si mettono sotto gli occhi di protagonisti e comprimari e li accompagnano da una stagione all'altra.
Quando questo riguarda un territorio che ben si conosce, come questo Oltrepò dove la SNT sta muovendo i suoi passi, e avviene per opera di uno scrittore di sicuro valore e di solido spessore come Paolo Repossi che ha visto i suoi romanzi e i suoi racconti pubblicati da Instar Libri, la tentazione di chiedergli di tracciare, seppur in sintesi, una vetrina della "biodiversità" , nelle sue opere, è stata ovvia. Quasi doverosa. (gb)

OLTREPOBIODIVERSO?
NEI MIEI LIBRI E' COSI'

di Paolo Repossi

Le sarmase 
"Appena il sole batteva dritto sui rivoni pelati, proprio dietro le ultime case di Borgalto, l’estate sembrava capace di fermare tutto.
Come se a un certo punto della giornata, per un accordo preso da tanto tempo e sempre rispettato, le cose e gli uomini la smettessero di fare del rumore e del movimento.
Rimaneva fuori solo la terra. In basso quella scura e mossa delle vigne, e in alto quella chiara dei rivoni e delle sarmase, che erano posti dove non andava mai nessuno, perché non andavano bene per fare niente e non rendevano niente.
Il Signore che aveva creato le sarmase non era stato tanto a guardare quando si era trattato di metterci della terra grigia.
Ne aveva messa così tanta che per farcela stare tutta, nello spazio che c’era, l’aveva dovuta piegare come una fisarmonica. 
Tra una piega e l’altra, a furia di scorrerci acqua, era venuta fuori la roccia che c’era sotto, come a un corpo che via la pelle e la carne si vedono le ossa.
C’erano venute delle piante che non sembravano neanche di quelle colline, sembravano quelle dei posti di mare.
D’estate, quando era tutto fermo, stare da soli, in mezzo a certi fiori piccoli e colorati, faceva sentire davvero importanti."
da Estate in pieno
(Pochi altri panorami ricordano l'Oltrepò come le sarmase. Tutti, per avere la cittadinanza oltrepadana, dovrebbero almeno una volta recarvisi in pellegrinaggio)


Il fango 

"Al primo acquazzone dell’autunno il fango si era mosso, di notte, da dove stava nascosto.
Era venuto giù come una cioccolata calda.
Appena aveva capito che non c’era niente a fermarlo, aveva riempito le cunette, e in silenzio si era allargato sull’asfalto della provinciale trentotto, subito dopo Montuberchielli e ancora più avanti, in altri due punti.
Poi era andato avanti a piovere piano.
Era bella la pioggia alla fine dei temporali, quando diventava sottile.
Sembrava una pioggia straniera, forse atlantica. Il vento a raffiche la faceva ballare come un tendone pesante, e nascondeva, dietro, un cielo di carta velina."
da La gestione dell'aria
(Il fango ha fatto scappare più gente dalle colline che non la miseria, o la distanza. È stato lui, nel tempo, uno dei nemici più forti)

il vento e le piante

"Ai lati del fosso che veniva giù dalla Mezzacosta c’erano due file di piante.
Robinie e sambuchi, che a maggio erano sempre carichi di fiori bianchi e di un profumo che si allargava per metà della vallata.
Piacevano a Elio, e anche dopo aver sentito dire che le robinie sono infestanti, a lui piacevano lo stesso.
Le trovava eleganti e intraprendenti, con quel fusto dritto e sottile e quei rami che andavano a cercarsi la luce negli angoli dove filtrava.
Chissà perché sono tutte piegate da una parte, e dalla stessa parte poi.
Si vede che sono piante che a un certo punto si piegano. Era una considerazione che a Elio veniva spontanea ogni volta che passava di lì.
Si era costruito una serie di ipotesi sul fatto che fossero così storte.
Forse era per via del movimento dell’acqua nel fosso, o forse per quello della terra, che ferma, da quelle parti, non ci rimaneva quasi mai.
Magari era il peso di tutti quei fiori in primavera, oppure, più semplicemente, il vento.
 Però il vento una pianta la può piegare solo quando soffia. Era questo che lo lasciava senza parole. Il vento che piega le piante anche quando non c’è.
Allora, ragionando così, poteva anche essere il tempo."
da l'erba che fa il grano
(Ogni tanto mi piace saltare in groppa a un personaggio e fargli dire qualcosa di strano)

la nebbia in collina
"Certe nebbie, in collina, si ha sempre l’impressione di potersele scrollare di dosso in un attimo, come si fa con una coperta troppo pesante nelle notti di inizio primavera.
Si ha la tendenza a pensare che basterà salire ancora un po’ per esserne fuori e vedere finalmente un pezzo di cielo."
da l'erba che fa il grano
(la collina ha un clima migliore della pianura. È sempre un posto verso dove fuggire)



i torrenti

"Coppa, il nostro torrente, l’hanno svuotato come una cava per un bel pezzo, almeno un chilometro. Hanno continuato un mese a portare via camion di ghiaia, e di sicuro ne hanno portati via più di quelli che erano previsti, perché viaggiavano tanto la mattina presto e tanto anche la sera.
Se uno va adesso a vedere, c’è un letto così largo che Coppa non ce la farà mai a riempirlo d’acqua. L’hanno anche abbassato di un bel metro, e tutti i fossi che ci finiscono dentro dovranno abbassarsi anche loro, così cominceranno a mangiare terra attorno e magari metteranno in movimento delle frane.
Dentro Coppa erano cresciuti i salici e le canne, che si piegavano quando veniva giù una piena, poi si raddrizzavano pian piano, ancora sporchi di malta.
Se uno andava a farci quattro passi era tutto così, salici, canne e pozze d’acqua ogni tanto.
Adesso sembra asfaltato."
da can che dorme
(certe volte ci si mettono gli uomini a complicare tutto)




le frane e la neve
"La seconda nevicata dell’anno era stata una nevicata come si deve. Ne aveva messi giù almeno quaranta centimetri. Aveva livellato tutto, e aveva fatto tirare un po’ il fiato a quelli che avevano le frane, che adesso non si vedevano più."
Era venuta ancora una spolverata, che stavolta aveva messo in evidenza tutte le frane.
Come la farina sopra una pagnotta, come il cemento asciutto sopra una soletta malfatta."
da la gestione dell'aria
(buon segno, se ci si vergogna ad avere le frane. È ancora un paese ben coltivato)

le stagioni
"Devo ricordarmi di fare attenzione a quando arriva la primavera, perché è un momento speciale, e se uno non ce l’ha presente, il momento scappa via.
Devo ricordarmi che fa caldo davvero solo tra metà luglio e metà agosto, e non fa caldo continuamente.
Di sera, dietro casa, c’è quasi sempre aria. Se riesco a tenerlo presente, l’estate diventa più sopportabile.
Mi devo ricordare che al primo temporale dopo ferragosto comincia a far fresco e le giornate sono un bel po’ più corte che a giugno.
Devo avere ben presente che non è vero che non ci sono più le stagioni.
Ci sono, e ognuna, devo ricordarmelo, ha dentro qualcosa che può far diventare la vita più leggera, così c’è meno da spaventarsi di tutto il resto."
da l'erba che fa il grano


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