giovedì 16 maggio 2019

La narrazione territoriale e i suoi strumenti. Spunti per un confronto







La narrazione territoriale e i suoi strumenti

L'esperienza della SNT(Scuola di Narrazione Territoriale del progetto OLTREPOBIODIVERSO 
nell'Appennino di Lombardia.***

di Giorgio Boatti
(in collaborazione con Elena Buscaglia, Paola Fugagnoli, Raffaella Piazzardi, della Fondazione Sviluppo Oltrepò)



La narrazione territoriale - e non solo nel nostro Paese - avrebbe una lunga storia da porgere a chi fosse disposto a darle ascolto. Attingendovi se ne potrebbe trarre messe di sguardi fecondi. E non solo sul passato e sul presente ma, cosa più rilevante, sul prossimo futuro.

1. fiori blu e appennini azzurri

Invece, ancora una volta, rischiamo di sostare inutilmente sui fraintendimenti spazio-culturali fra  popoli, territori ed epoche che sono affrontati da"Fiori blu"[1], romanzo di Raymond Queneau (magistrale traduttore italiano, Italo Calvino).
E sugli interrogativi che a questo proposito si pone il personaggio principale, il duca d'Auge, che a modo suo forse riesce a dare voce alla domanda di tutti noi:
"Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevano calvadòs...
- Tutta questa storia - disse il Duca d'Auge al Duca d'Auge - tutta questa storia per un po' di giochi di parole, per un po' d'anacronismi: una miseria.
Non si troverà mai una via d'uscita?"[2]

Tra i luoghi dove le domande dei "fiori blu" possono trovare una parvenza di risposta vi sono le aree fragili, e tra questi l'Appennino. Quello delle"azzurre valli"  di Attilio Bertolucci[3] e dell'"azzurro lontano" di Giorgio Caproni[4]. 
Gli Appennini, ovvero i caposaldi silenziosi delle aree fragili della nostra penisola, quelle che si distanziano, si contrappongono ma, anche, dialogano e interagiscono con i territori metropolitani. Metropoli, dunque quelle "Città Stato" (poche in Italia, Milano sicuramente è e sarà sempre più tra queste) che  punteggeranno e condizioneranno l'Europa e il mondo dei prossimi decenni[5].
Da questo punto di vista, rispetto al medioevo del Duca D'Auge e/o alla storia di lunga durata del nostro Paese,  solo l'apparenza cambia: non più  Castello vs campagna, o  Città e vs Contado e viceversa, ma "aree interne" vs  "aree metropolitane".
La sostanza della polarizzazione, però, rimane. E' la stessa. E qui, nel malcontento delle comunità silenziose che non si sono sentite  - a torto o a ragione - né capite né ascoltate nelle passate stagioni, ristagna e matura l'isolazionismo malmostoso, la sindrome di chi, per timore di cadere in mano di qualche minaccioso nemico, si prende d'assedio da se stesso. Diffidando del mondo circostante, del proprio tempo e perfino del proprio esserci. Tanto da affidare il proprio futuro alla paura, unico sentimento che sa ancora ascoltare e seguire.

2. le nostre strade di San Giovanni

Questo accadere ha qualcosa a spartire anche con la narrazione territoriale. Perché la narrazione territoriale, soprattutto quella che sorge dalle "aree interne" ha come costante l'insistere e il procedere su quelle linee di demarcazione - ambientali e demografiche, storiche e politiche, culturali e sociali, economiche e produttive -  che apparentemente contraddistinguono mondi diversi. Linee di confine che dovrebbero indurre, cosa da farsi a cospetto di ogni confine e frontiera, ad interpellarvi su noi stessi. E su l'altro che è oltre noi.
Da questo punto di vista la narrazione territoriale è un fiore che sboccia  proprio lungo queste linee di dimarcazione. Dunque a ridosso di quelle terre, di lembi diversi  e mondi accostati, su cui transitano le "strade di San Giovanni" delle nostre vite e delle nostre comunità.
Cosa sia una "strada di San Giovanni" (santo solstiziale, dunque di transito ma anche di accostamento tra la l'ombra e la luce) lo spiega proprio Italo Calvino   in
 una pagina quanto mai significativa di un suo bel libro:

"Per mio padre il mondo era di là in su (ovvero dalla strada di San Giovanni, che portava ai poderi della collina, nda), e l'altra parte del mondo, quella di giù ( la città di San Remo, il lungomare, la vita urbana, nda), era solo un'appendice, talvolta necessaria per le cose da sbrigare, ma estranea e insignificante, da attraversare a lunghi passi quasi in fuga, senza girare gli occhi intorno. Io no, tutto il contrario: per me il mondo, la carta del pianeta, andava da casa nostra in giù, il resto era spazio bianco, senza significati; i segni del futuro mi aspettavo di decifrarli laggiù da quelle vie, da quelle luci notturne che non erano solo vie e le luci della nostra piccola città appartata, ma LA CITTA', uno spiraglio di tutte le città possibili, come il suo porto era già i porti di tutti i continenti..."[6].

Redigere la nostra "carta del pianeta": non è forse questa la sintesi  - la più immediata e fulminante - della narrazione territoriale? 
La "carta del pianeta", ovvero la rappresentazione dei mondi che portiamo in noi e che ci guidano nelle nostre ricognizioni attraverso spazi abituali o nuovi. Nostra "carta del pianeta, ovvero segni che diventando significati, immagini che si fanno simbolo, parole che compongono una narrazione.
Una visione, dunque.
Simbolica, certo, perché frutto di sintesi ma anche in continua evoluzione. Perché composta in un'architettura narrativa in cui confluiscono concretissimi elementi di luoghi e di memoria, di esperienze e personaggi, di problematicità passate o incombenti, di narrazione dunque.
L'assenza, o almeno la protratta e conclamata carenza e crisi dei soggetti - famiglia e scuola, politica e chiesa e momenti istituzionali e collettivi, giornali locali , etc - che si sono fatti carico sino a tempi recenti della produzione e trasmissione della narrazione territoriale dentro le comunità, pongono, in ogni area fragile, il tema del suo proporsi. O riproporsi.
Questa è stata la considerazione che ci ha indotti a creare una SNT, una scuola di narrazione territoriale in Oltrepò Pavese. Ovvero in una delle "aree fragili" dell'azzurro Appennino. Lo abbiamo fatto poiché abitare il mondo, ovunque ci si trovi, è stare consapevolmente dentro una narrazione, o più narrazioni, che dal rapporto con i luoghi traggono fondamentali elementi e dinamiche decisive nella ricerca del senso del nostro vivere. Come persone e come comunità.

3. narrazione e comunicazione...

Nell'avviare l'esperienza di SNT, sorta nel procedere  dell'esperienza di OLTREPOBIODIVERSO[7], progetto avviato nell'ambito di AttivAreee di Fondazione Cariplo

http://www.attivaree-oltrepobiodiverso.it

 e in corso di realizzazione da parte di Fondazione Sviluppo Oltrepò, avevamo bisogno di questi riferimenti irrinunciabili quali punti cardinali per non smarrire il nostro cammino.
Soprattutto in considerazione del fatto che ultimamente la narrazione territoriale parrebbe essere diventata - nel micidiale cortocicuito tra effimero e funzionale che stiamo attraversando nel nostro Paese - una disciplinata e subordinata scolaretta. Seduta sui banchi della classe di Madama Comunicazione. Vale a dire la maestosa Domina che pone le sue irrinunciabili funzioni al servizio di tutti. Leader politici e organismi rappresentativi, istituzioni ed imprese, soggetti dell'associazionismo e del volontariato. Nonché di ogni figura o personaggio che a qualsiasi titolo voglia o debba calcare la ribalta, cercando di catturare l'attenzione dei cittadini, degli utenti, del pubblico. O, più semplicemente, dei consumatori.
Della Comunicazione anche i territori, le comunità, e i soggetti che vi operano, hanno ovviamente un bisogno cruciale. Proprio perché comunicare è indispensabile ad ogni territorio sia per avviare e irrobustire i processi partecipativi al proprio interno sia per confrontarsi e misurarsi col mondo circostante.
Tuttavia, detto questo, sia consentito rimarcare come la narrazione territoriale non debba dimenticare il terreno dove sbocciano i suoi fiori blu.  Debba dunque rivendicare nella  pratica concreta una sua autonomia fondativa, un suo passo creativo, un  suo procedere sintonico ai tempi e alle modalità complesse con cui territori e comunità dialogano, sia con se stessi sia con gli altri.


Se  non vuole smarrire la sua più forte connotazione non può sorgere né operare come mera costola della Comunicazione, al traino delle sue strategie e dai suoi obiettivi tattici.

Ovviamente fronteggiare questo smarrimento è più facile da dire che da fare. Soprattutto operando in un territorio, quale l'Oltrepò Pavese, che nel corso degli ultimi decenni, come tante altre aree interne, rileva difficoltà crescenti nell'elaborare una narrazione territoriale che rappresenti una visione adeguata del proprio esserci e del proprio operare. Capace  altresì di  confrontarsi coi mutamenti  in corso ,proprio perché  non frammentata o ancorata a sorpassati scenari.
Una narrazione territoriale quindi che sia anche efficace, soprattutto nel creare condivisione e partecipazione  attorno a quelle finalità - di innovazione, di rimodulazione delle dinamiche di comunità, di consapevolezza dei propri asset a cominciare dalla preziosa biodiversità - che sono al centro del progetto OltrepoBiodiverso.


4. Oltrepò Pavese, ovvero Appennino di Lombardia

Una scommessa difficile, calata in un quel lembo collinare e montano della provincia di Pavia che sembrava aver scordato (fino a quando non glielo si è ricordato, proprio grazie al progetto OltrepoBiodiverso, alla SNT e alla guida TCI "Oltrepò. l'Appennino di Lombardia"[8] che ne è sorta) di essere la propaggine finale (o iniziale) della catena montuosa che percorre tutta la penisola.

Appennino: vale a dire non solo un dato geografico o morfologico ma la preziosa connotazione sorta dal confluire di fattori storici e culturali, artistici e spirituali, che uniti alla dotazione ambientale fanno degli "azzurri appennini" uno degli elementi distintivi della civiltà del nostro Paese.


Di tutto questo non vi era praticamente traccia nelle comunicazioni che negli scorsi decenni cercavano di delineare una narrazione territoriale spesso priva di bussola e di punti di riferimento. Incerta tra i sussulti identitari più localistici (espressi ad esempio dal sito di promozione turistica di alcune località caratterizzato dall'uso del dialetto locale) e la parodia di una rampante comunicazione o di un orecchiato storytelling declinato in tonalità commerciali ed aziendali quanto mai dozzinali.  
Per non parlare dei rivoli di narrazione territoriale riversati individualmente sui social e densi di lamentazioni, di lagne autolesioniste. Il tutto ovviamente condito da crescenti timori verso le ondate migratorie presenti e future ( rimuovendo peraltro il fatto che le ondate migratorie degli anni Novanta hanno consentito all'Oltrepò di colmare i vuoti, dentro le aziende agricole e gli esercizi commerciali, determinati dall'esodo demografico e dal tasso di invecchiamento della popolazione).
Tutto questo smarrimento, anche nella rappresentazione narrativa del territorio,  si è accentuato con la crisi della politica tradizionale.  Dunque col venir meno di una politica che seppur aderendo formalmente alle dinamiche della moderna democrazia rappresentativa in realtà continuava, spesso senza saperlo, ad aderire a modelli di governo e rappresentanza del territorio ben più arcaici ed antichi. Quelli che fanno sì per esempio che la più duratura forma di rappresentazione geografica unitaria di questo territorio sia ancora quella della sua diocesi di riferimento. Vale a dire l'antica diocesi di Tortona, che dalla via Romea, a ridosso del Po, risale per colline e montagne inglobando aree che ora appartengono a quattro regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria) e a quattro province.
Ma qui, inoltre, l'orizzonte che si stende su crinali e profili di torri e di castelli, tiene memoria delle dominazioni dei Malaspina e dei Dal Verme, dei Visconti e dei comuni della Città in lizza l'un contro l'altra sin dal Medioevo. Per non parlare del possente ruolo steso su queste vallate dal potente monastero di Bobbio sorto in epoca longobarda e che aveva scalpellato la sua "via degli abati" verso Roma ritagliandola lungo un percorso che solo la storia precedente può spiegare. Fila infatti lungo la terra di nessuno che si apriva tra i contrapposti contrafforti dell'interminabile guerra tra goti-bizantini che poi verrà declinata nel conflitto trai  bizantini e i nuovi venuti, i longobardi.

5 - Tra antichi cammini e patriarchi territoriali

E mentre la storia scriveva le sue pagine di sangue e di spade, su altre strade, la "via del sale", 

per esempio, le lunghe carovane di muli del commercio continuavano a garantire lo scambio tra sale e grano tra i popoli del mare e quelli della pianura come aveva raccontato Fernand Braudel ne "Civiltà e imperi nel Mediterraneo nell'età di Filippo II"[9].
Territorio l'Oltrepò come mosaico di frammentazioni - di vallate, di signori in guerra, di Stati diversi (Regno di Piemonte, Lombardo-Veneto, Ducato di Parma e Piacenza che sino all'unificazione nazionale lì confinano) - che trovano disegno comune e unità sotto il bastone di comando di "patriarchi territoriali" che parlano ad una sola voce a nome dell'Oltrepò. "Patriarchi territoriali" che ogni epoca esprime a modo suo ma che hanno in comune, ad esempio tra l'Ottocento monarchico e il Novecento repubblicano, il  lungo lungo perdurare. Rappresentato in epoca recente da lunghe leadership contrapposte di esponenti DC quali i potenti leader DC locali Giovanni Azzaretti e GianCarlo Abelli  e in passato dal generale e conte Luchino dal Verme, deputato del collegio oltrepadano dalla XVII alla XXIII legislatura, vale a dire dal 1890 al 1913[10].
Leadership da "patriarchi territoriali" che giocano il loro ruolo di voce di un Oltrepò che si sente quasi sempre "altro", dimenticato o isolato o trascurato, dai soggetti con cui interagisce: che siano lo Stato nazionale, la Regione, l'Amministrazione Provinciale. Ai primi due, in particolare, l'Oltrepò si presenta ripetutamente come il Sud del Nord, il "meridione della Lombardia", chiedendo sostegno e piani di aiuto. Talvolta riuscendo anche a strappare provvedimenti legislativi, regionali e nazionali, che ambiscono ad interventi dal perimetro più ampio e duraturo.

Meno frequenti invece le stagioni, quale quella del cooperativismo cattolico e riformista, che all'interno del territorio vedano il maturare, dal basso, di iniziative basate sulla reciproca collaborazione e la fiducia di soggetti produttivi ed economici locali[11].

6 - Come una bottega artigianale. 2018: la prima stagione della SNT

"..forse anche un laboratorio, una bottega artigiana, artigiano da arte ovvero saper fare bene le cose, impararando l'arte nel praticarla accanto agli altri, procedendo fianco a fianco. un luogo e un modo: dove ciascuno ti passa la sua esperienza e al tempo stesso, nel trasferirla, si mette in discussione, si perfeziona...."


Quando - nell'autunno del 2017 - la SNT comincia a delinearsi come incontri da organizzare in moduli tematici di un giorno/due ciascuno, rivolgendosi a non più di due dozzine di partecipanti, si inquadarano tutti questi riferimenti. Invece, sulle modalità che caratterizzeranno l'operare futuro, ci si concede una certa duttilità. Dando per scontato che anche sbagliando si sarebbe alla fine imparato a riconoscere la strada giusta da percorrere.
Ad esempio l'ipotesi che prevedeva un contributo significativo per la partecipazione ai lavori si  è rivelata poco praticabile e si è dovuto accettare iscrizioni a un prezzo pressoché simbolico.
Si è confermata invece l'utilità di lavorare come si operasse in una bottega artigiana caratterizzata dunque:
a) dall'apporto di consolidate esperienze alle quali attingere (di professionalità, esperti tematici, ma anche di "case history" emblematici) .
b) da un metodo interdisciplinare caratterizzato da una visione pluriprospettica dei temi tratti e da un impegno comune a trovare punti di convergenza e di condivisione.
c) dall'obiettivo di tradurre questo impegno in una "visione" che non fosse sterilmente teorica ma potesse esprimersi in successivi interventi concreti e strumenti efficaci e duraturi per la narrazione territoriale dell'Oltrepò e per le finalità perseguite dal progetto OltrepoBiodiverso da cui la SNT è scaturita.

Si è aperta così, nella primavera del 2018, la prima stagione della SNT articolata in questi tre moduli tematici:

Come raccontare l’Oltrepò Pavese?

14-15 aprile, Mairano di CAsteggio,
Fondazione Branca Bussolera di Casteggio
Che cosa è l’Oltrepò? Che idea ne abbiamo noi prima di tutto? Come ce lo raccontiamo? E’ possibile che, per chi lo abita, il proprio paese diventi il centro del mondo perdendo il senso della complessità, delle diversità che confluiscono in un territorio? Quali sono le mentalità e i modi di raccontarlo di chi ci vive? Come si racconta un territorio? Che immagini ne danno gli storici e i narratori? Le mitologie di un territorio e quelle dell’Oltrepò. L’Oltrepò come crocevia di una ricchezza che sorge dalla sedimentazione e dalla contaminazione di culture e popoli.
E’ dunque prima di tutto - rimarcavano - un problema di narrazione e cercheremo di focalizzare l'attenzione sul come raccontare l’Oltrepò Pavese in una maniera diversa sia dagli stereotipi degli scorsi decenni sia dagli smarriti balbettamenti odierni.

L’Oltrepò Pavese, tra geografia e storia. Un’isola di colline, vallate e montagne, nell'arcipelago dell'Oceano mondo
sabato 12 maggio, Zavattarello, Palazzo Comunale

Dov’è l’Oltrepò? Sembra una domanda scontata ma pochi conoscono questo triangolo di terra e non sanno come collocarlo nella spazialità di un'Italia che sempre più è parte di una nuova Europa e di un mondo globalizzato.
L'angolazione dalla quale si vuole afferrare una nuova narrazione delle specificità dell’Oltrepò è data dai confini. Come dobbiamo raccontare la sua geografia? Quattro grandi aree di racconto:
·       il fiume Po, la pianura e la città: ovvero i confini e le mitologie che ne derivano;
·       le colline e la montagna: dai vigneti ai boschi;
·       le vallate, i corsi d'acqua, i venti e le lune
·       le strade e i sentieri, i ponti e le biforcazioni, le salite e le discese
Come si raccontano, con che parole e con che numeri, i luoghi e loro particolarità al di là della semplice descrizione di un paesaggio? Quali sono gli strumenti narrativi di cui dobbiamo dotarci per far emergere le comparazioni vecchie e nuove - date quest'ultime dallo sguardo di chi venuto da lontano è capitato nei nostri luoghi - che delineano l'immagine Cosa sono le geografie letterarie?

Nominare la natura: ovvero l'OltrepoBiodiverso.
sabato 16 giugno, a Valverde, presso il Laboratorio Ambientale del Parco delle Farfalle Centro Comunale Polifunzionale, Località Mombelli (Valverde)



Un paesaggio unico dove dialogano zone climatiche diverse in un tripudio di incontri di fauna e flora: l'origine di una biodiversità straordinaria sta tutta qui. Dare un nome a ogni tassello di questa diversità, e farne la nota di uno spartito narrativo ricchissimo e armonioso, è un doveroso atto di conoscenza e di attenzione: amare un territorio è dargli attenzione anche attraverso le parole e i saperi che ne descrivono le varie forme di vita. Dunque non limitarsi a percorrerlo ma com-prenderlo, sapendo prenderlo con sé con esattezza: conoscendo questa “isola di meraviglie” che può diventare una ricchezza e un’attrazione turistica sostenibile.
Come operare per raccontare gli aspetti fondamentali della biodiversità, quali strumenti lessicali, a quali saperi e modalità attingere per disporre di nuovi attrezzi narrativi?

Non a caso si è deciso, per valorizzare ulteriormente il territorio, di tenere i moduli della SNT in tre location diverse in qualche modo sintoniche alle tematiche affrontate di volta in volta.  
La prima delle location è stata villa Rajna di Fondazione Branca Bussolera sui colli di Mairano, Casteggio.
La seconda è stato il palazzo che a Zavattarello ospita il Comune.
La terza è stato il funzionale Centro Polifunzione di Valverde.

I tre moduli hanno registrato la partecipazione di una media di una quindicina di iscritti (da 12 del primo appuntamento ai 20 dell'ultimo) e si sono avvalsi dell'apporto esterno di varie voci ed esperienze.


Da questi incontri sono emersi numerosi spunti.
Uno dei più importanti è stato quello apparentemente più ovvio: la necessità che la comunicazione territoriale si esprimesse con modalità e strumenti diversi. Tentasse dunque di essere una polifonia affidata a strumenti che non fossero solamente la scrittura e la parola  ma attingesse anche ad altre modalità che in Oltrepò non si erano mai adeguatamente sperimentate.

7 - Tra spettacolo, musiche e rivisitazioni di borghi abbandonati

Una delle prime realizzazioni è stata dunque la lavorazione di un testo, scaturito dallo scambio di opinioni tra i partecipanti ai primi due moduli, che potesse rappresentare il canovaccio di una narrazione in forma teatrale del "mosaico d'Oltrepò".
L'occasione per sperimentare questa soluzione è stata data, a giugno, da un evento scaturito sempre all'interno del progetto OltrepoBiodiverso per la valorizzazione dei musei locali e in particolare dell'originale Museo del Cavatappo, situato a Montecalvo Versiggia.


Così è sorto lo spettacolo-monologo  "Risonanze - Le voci d'Appennino" che non attinge soltanto alla storia ma anche alla fantasie e alle leggende, al racconto popolare, che è per sua natura orale.
Risonanze – Le voci d’Appennino non ha solo un suo filo narrativo logico da seguire, ma obbedisce ad una dettatura invisibile ma viva: è quella dei suoni e delle lingue parlate, dei modi di dire dialettali che conservano con efficacia immagini, volti, voci, persone e legami di un mondo difficile ormai da afferrare.
Attraverso la voce di un attore e la fisarmonica di un musicista si racconta la storia di un angolo, l’Oltrepò Pavese, che è lo spicchio più settentrionale di quell’Appennino che percorre tutta la penisola, una sorta di spina dorsale che  unisce l’Italia.
L’Oltrepò, Appennino di Lombardia, è una sintesi di questo territorio: i suoi personaggi fanno rivivere l’anima segreta di luoghi in cui si è fatta la storia. Qui sono transitati  gli elefanti di Annibale e le legioni romane, i Longobardi e gli altri popoli che irrompono al crollo dell’impero e Carlo Magno fondatore di un nuovo ordine. E poi i pellegrini e i crociati diretti verso l’Oriente e  i mercenari come John Hawkwood, quel Giovanni l’Acuto terrore dei borghi d’Oltrepò.
Ma le risonanze delle voci d’Oltrepò, e dunque di Appennino, sono anche quelle dei più umili: i contadini e i vignaioli, i cantinieri e i narratori di paese, eredi dei cantastorie e dei trovatori provenzali che al tempo di Dante furono ospitati proprio nel severo castello di Oramala, posto a presidio della Valle Staffora.
La narrazione diventa uno strumento coinvolgente per far vivere  storia e memoria: non per nostalgia ma per amore di una terra da guardare con fiducia, perché capace di far incontrare la magia del passato con la paziente e innovativa energia che apre il passo al futuro.
Risonanze, LE VOCI D’APPENNINO (DIE STIMMEN DES APENNIN) con Davide Ferrari e Giacomo de Barbieri è presentato  per la prima volta a Montecalvo Versiggia, nel piazzale del Museo del Cavatappi nel giugno del 2018. Quindi, successivamente si rimette in cammino e   giunge in Germania, al Museo Kestner di Hannover, invitatovi in occasione della XVII settimana della Lingua Italiana nel Mondo e subito dopo a Hildesheim e Osnabrück[12].




Una tappa successiva della SNT viene ad essere in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio (GEP) manifestazione promossa nel 1991 dal Consiglio d’Europa e dalla Commissione Europea.
Il progetto OltrepoBiodiverso e la SNT si sono inseriti nella giornata partecipando alla elaborazione dell'appuntamento di sabato 22 settembre a Brallo di Pregola (PV) e di domenica 23 settembre a Montalto Pavese, “Ascoltare il paesaggio. Voci e vita in Oltrepo’ Pavese", organizzato tra gli altri dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio  appunto in collaborazione con Fondazione per lo Sviluppo dell’Oltrepò, Comune di Brallo di Pregola – Comune di Montalto Pavese, Ordine degli Architetti, Ordine degli Ingegneri e Collegio dei geometri di Pavia.Al centro degli incontri la tutela del paesaggio, la valorizzazione della biodiversità, le azioni di  innovazione territoriale e sociale in atto nell’Oltrepò Pavese. 

 Temi, quest’ultimi, al centro del progetto OltrepòBiodiverso selezionato dal bando AttivAree promosso da Fondazione Cariplo. 
La SNT in particolare ha ideato una coinvolgente escursione accompagnata sino all’abitato, da tempo abbandonato, di Rovaiolo. lì, nel silenzio del borgo ormai senza abitanti, si è tenuto uno scambio di idee sull’ Abitare le terre abbandonate" condotto da Giorgio Boatti e con la partecipazione dello scrittore Mario Ferraguti, del sociologo Andrea Membretti, dell’architetto Luca Micotti, dello scrittore Paolo Repossi e di Silvia Passerini fondatrice della Rete del Ritorno.
Un confronto che si è focalizzato sia sui progetti in corso per portare innovazione e valorizzazione territoriale nell’Alto Oltrepò  sia sulle azioni culturali e le dinamiche sociali da incrementare per incidere positivamente sull’attuale scenario delle “aree interne dell’Appennino”.

8 - Un Oltrepò che cambia ritmo. E una guida TCI per narrarlo adeguatamente

La narrazione territoriale deve tener conto anche dei mutamenti avvenuti sul fronte delle dinamiche turistiche nel corso degli ultimi decenni. In Oltrepò è tramontato il periodo del turismo domenicale della gita fuori porta,  con escursione dei milanesi finalizzata al pranzo festivo di famiglia con lunghe soste a tavola ed eventuale acquisto di vino. Si è anche attenuato l'uso della seconda casa soprattutto quando le famiglie acquirenti stentano a portare fuori dalla grande città, verso piccole località della collina, i figli cresciuti.  Non più piccoli ma adolescenti.
Nel frattempo è maturato un target di turismo con altre connotazioni: amante del trekking e del biking cerca territori di collina dove sentieri e strade poco affollate da auto consentano all'escursionista di camminare in pace e permettano a chi ama le due ruote di cimentarsi sui più diversi tipi di percorso e di difficoltà.
Altrettanto significativamente sta crescendo la platea delle persone che amano scoprire e tornare in territori dove la biodiversità è significativa ed interessante e la cura ambientale offre la possibilità di immergersi per l'intera giornata nel silezio,  di godere della natura e di scoprire  boschi significativi (l'Oltrepò dell'alta collina ha una superficie forestata pari a metà della sua estensione)
Mancava però da decenni, nella narrazione territoriale dell'Oltrepò, una guida turistica autorevole per efficacia della narrazione e soprattutto capace di cogliere questi spunti nuovi e saperli tradurre non solo in itinerari precisi ed utilizzabili  dal turista 2.0 ma anche in una "visione"  diversa, calibrata su lentezza, ambiente, biodiversità, consapevolezza culturale del variegato mosaico delle vallate d'Oltrepò e delle sue sempre valide e genuine modalità tradizioni, anche a livello eno-gastronomico.  
La guida TCI "Oltrepò. L'Appennino di Lombardia" scritta da Gino Cervi, storico del ciclismo e da Claudio Gregori, una delle "grandi penne" della "Gazzetta dello Sport" (quasi un quarto di secolo come inviato al seguito del Giro d'italia) è totalmente sintonica con la visione del territorio espressa dal progetto OltrepoBiodiverso e articolata anche attraverso i vari moduli della SNT. Uscita nell'autunno del 2018 e presentata in varia località e location è stata presto ristampata e ha raggiunto, distribuita in tutta la penisola, un pubblico che nessuna altra guida d'Oltrepò aveva mai pensato di toccare.

https://www.facebook.com/OPBioDiverso/videos/309169229935184/

Le successive presentazioni di questa guida sono state, in un certo senso, ulteriori sessioni di Scuola di Narrazione Territoriale e di composizione di quel mosaico narrativo delle terre d'Oltrepò che sono tra le finalità della scuola stessa.

9 - Oltrepò in narrazione. Nel 2019 e "Oltre il futuro".

Anche nel 2019 proseguono gli appuntamenti della SNT, sempre coerenti con le premesse iniziali ma focalizzati su target precisi, su tematiche perimetrate in modo sempre più netto.
Uno dei fattori fondamentali che il progetto OltrepoBiodiverso ha individuato nella valorizzazione e innovazione territoriale è stato l'attivazione della scuola e di tutti i soggetti che vi operano. A parte la rilevante introduzione di classi "montessoriane" in due località è stato significativo l'impegno del plesso scolastico della Valle Versa per fare della biodiversità un concreto percorso di ricognizione nella flora, nella fauna, nella morfologia e geografia del territorio nonché nelle sue tradizioni. Alunni delle classi elementari guidati dai loro insegnanti hanno composto così una sorta di narrazione territoriale adeguata al loro livello scolastico e l'hanno riversata in un sito "oltrepo oltre" aperto alla consultazione dei loro coetanei e dei  cittadini nonché all'implementazione di sempre nuovi tematici[13].

Proprio riferendosi a questo target il primo focus 2019 della SNT è stato quindi dedicato all'incontro, il 15 marzo, alla Penicina,  tra la biodiversità e la Big History. Un appuntamento realizzato in funzione dell'introduzione di una didattica sperimentale della Big History nelle scuole. L'appuntamento è stato organizzato dalla Fondazione Sviluppo Oltrepò Progetto Oltrepobiodiverso - SNT (SCUOLA DI NARRAZIONE TERRITORIALE) in collaborazione con OPPI (Organizzazione per la Preparazione Professionale degli Insegnanti) e con Fondazione Adolescere presso l'OIC (Open Innovation Center) della Penicina di Romagnese.
Sostenuto negli USA da Bill Gates, fondatore di Microsoft,  il progetto " Big History" è   finalizzato a portare nelle scuole di ogni ordine e grado la consapevolezza delle acquisizioni scientifiche e culturali necessarie a comprendere l'evoluzione dell'Universo e della Terra sino al mondo in cui viviamo e all'epoca attuale, padroneggiandone la sempre maggiore complessità.
Big History è dunque un movimento accademico internazionale impegnato a sintetizzare in un progetto formativo e scolastico la storia integrata del Cosmo, della Terra, della Vita  dell'Umanità.  Nel corso degli ultimi anni si sono avviate anche in Europa, dopo gli USA, sperimentazioni didattiche in vari ordini di scuole e in diversi Paesi.  Anche in Italia recentemente si sono avviate sperimentazioni alle quali si riallaccia appunto  il focus organizzato per gli insegnanti dalla SNT. Focus che si è strutturato in due giornate di lavoro sui seguenti contenuti:

·              
La Biodiversità come soglia di complessità nella visione dell'ecosistema e della  storia dell’universo (contributi della prof.ssa Silvia Assini, dell'Università degli studi di Pavia, del dott. Adalberto Codetta Raiteri, Trainer Teacher dell'OPPI, del dott. Paolo  Vismara, Trainer Teach dell'OPPI, dottore di ricerca e insegnante)
·               Studio del progetto in corso presso in una scuola media ( a cura dei Trainer Teacher della OPPI)
·               Progettazione di un percorso Big History  pluriennale per la propria scuola (a cura dei Trainer Teacher della OPPI) 

IL FORUM si è rivolto principalmente ad insegnanti di ogni ordine e grado, a ricercatori e studenti universitari nonché ad operatori culturali e territoriali interessati alle tematiche proposte.









Ma tutto questo variegato mosaico di attività, finalizzato a dare nuova e più adeguata narrazione territoriale al territorio, consentendo una sua migliore conoscenza all'esterno ma, soprattutto, il sorgere di una più efficace partecipazione dei cittadini e delle comunità locali al processo innovativo in atto grazie al progetto Oltrepobiodiverso, sarebbe incompleto senza parlare di "Oltrepò.Pronti per il futuro".
"Oltrepo. Pronti per il futuro" è il racconto dell'esperienza di formazione lavorativa e di integrazione linguistica mirata su richiedenti asilo ospitati in Oltrepò e condotta all'interno del progetto  Oltrepobiodiverso.
Negli scambi di idee all'interno dello staff del progetto e negli step della SNT si è valutato come indispensabile non ignorare un processo così significativo, e - inutile negarlo - denso di ostacoli, che cercava di affrontare in modo concreto le derive isolazioniste che proprio sul tema dei migranti si percepivano e si continuano a percepire all'interno delle comunità locali.

Si è reputato che un un cortometraggio, raccogliendo tre significative storie di migranti coinvolti nell'azione di formazione e soffermandosi con sobrietà, attraverso la loro diretta testimonianza, sul loro impatto con l'Oltrepò, potesse se non altro dare asciutta rappresentazione di una questione che è quanto mai aperta.
Il cortometraggio, realizzato da Filippo Ticozzi, non ha soluzioni miracolose né si affida a toni mirabolanti. Racconta la vicenda di tre migranti che si accostano al territorio avendo alle spalle vicende e connotazioni assai diverse ma uniti dal fatto di voler essere parte del processo innovativo che investe tante comunità, anche attraverso l'incontro/scontro tra residenti e richiedenti asilo.
Da questo punto di vista le immagini di "Oltrepò. Pronti per il futuro" parlano da sole. Soprattutto quando si soffermano sulla  quotidianità di queste tre vite, colte al lavoro, sullo sfondo di paesaggi oltrepadani quanto mai suggestivi ma vuoti di altre presenze. Quasi che le comunità si smaterializzassero davanti al problema che le interpella.
Da questo punto di vista le derive isolazioniste non si esprimono, come è accaduto altrove, in eclatanti e clamorosi episodi di rifiuto ma viaggiano sottotono. Si affidano al silenzio e al vuoto.
Un silenzio e un vuoto che non possono che essere fronteggiati dalla continuazione dell'impegno a produrre dialogo e confronto, innovazione ed inclusione dentro le comunità. 
Proprio come da più di due anni  sta cercando di fare il progetto OltrepoBiodiverso con le sue articolate azioni e la Scuola di Narrazione sorta al suo interno e che, con questo blog, con questo contributo, si apre al dialogo.
Dialogo aperto con tutti i soggetti operanti sul tema della valorizzazione delle aree interne, ma anche con tutti coloro impegnati nell'innovazione e nella sperimentazione territoriale in corso in tante realtà collocate sia ai "bordi del centro" sia negli stessi centri metropolitani. Nella convinzione che solo dal dialogo, e da un reciproco interagire, sorgerà il nuovo cammino da intraprendere.


*** intervento presentato al Convegno di Rovigo del 19 marzo sulle aree fragili e sulle modalità per fronteggiarvi  le derive isolazioniste 




Ringraziamenti


 Alla nascita e alle attività della SNT hanno dato un contributo significativo - in aggiunta al supporto dello staff di Fondazione Cariplo ( Elena Jachia, Valeria Garibaldi, Lucia Masutti) e all'apporto determinante e irrinunciabile dello staff (coordinatrice Raffaella Piazzardi, Elena Buscaglia, Paola Fugagnoli) della Fondazione Sviluppo Oltrepò presieduta da Riccardo Fiamberti  - tante persone. 
Tra queste, per i preziosi suggerimenti e gli spunti sempre fecondi forniti alle varie tappe della SNT e anche alla mia redazione di questo testo, un grazie immenso lo devo a Federica Baldelli. 
L'elenco dei ringraziamenti però si estende doverosamente a tante altre persone. 
Tra queste si debbono rammentare gli scrittori Guido Conti (che ci ha accompagnati nel coordinamento di tutti e tre i primi moduli), Paolo Repossi, Mario Ferraguti, il poeta ed attore Davide Ferrari, i giornalisti Piero Colaprico, Filiberto Mayda, Claudio Gregori, Gino Cervi, i ricercatori Matteo Barcella, Silvia Assini, il biologo e documentarista televisivo Francesco Tomasinelli, le guide ambientaliste Federico Bertone e Lucia Tuoto, il musicista e cantante folk Camillo Moroni del complesso oltrepadano "I  Bataquaerch", il musicista Giacomo de Barbieri, i consulenti territoriale Claudio Calvaresi, i formatori OPPI Adalberto Codetta Raiteri e Paolo Vismara.
A tutti loro e ai molti altri che qui non sono stati citati va la mia più ampia riconoscenza.
giorgio boatti


Riferimenti





[1]          R. Queneau, I fiori blu, Einaudi, 1973.
[2]          idem, pag. 7
[3]          Attilio Bertolucci, Verso Casarola, in "Viaggio d'inverno", cfr. Poeti italiani del Novecento a cura di P.V. Mengaldo, Mondadori 1978, pag. 578.
[4]          Giorgio Caproni, Così lontano l'azzurro, in Tutte le poesie, Garzanti, 2016.
[5]          Su questo tema, tra l'altro, di Marco Dotti, http://www.vita.it/it/article/2019/03/24/citta-stato-e-citta-senza-stato-che-cosa-accade-se-a-parlare-di-comuni/151032/
[6]          Cfr. Italo Calvino, La strada di San Giovanni, Mondadori 1990, pag. 17.
[7]          Per le finalità e le azioni del progetto Oltrepobiodiverso nonché per una puntuale sintesi del suo evolversi si vada al link


[8]          Cfr.Guida TCI  "Oltrepò Pavese. L'Appennino di Lombardia" di Gino Cervi e Claudio Gregori, edita dal Touring Club Italia, 2018.
[9]          Fernand Braudel ne "Civiltà e imperi nel Mediterraneo nell'età di Filippo II", Einaudi 1976.
[10]        Sul tema dei patriarchi territoriali mi permetto di rinviare a Giorgio Boatti, Il tempo è galantuomo. Dalla Valle Staffora a palazzo Madama l'impegno politico e civile del sen. Giovanni Azzaretti (1933-2015), Guardamagna editori in Varzi.
[11]        Su queste vicende un utile riferimento è nel saggio di Luciano Maffi, Storia di un territorio. Vigne e vini nell'Oltrepò Pavese. Ambiente, società, economia. Franco Angeli editore 2010.
[12]        Sui media "risonanze d'appennino" riscuote interesse e attenzione, anche dai media tedeschi. Si veda tra l'altro la rassegna stampa a questo link
[13]        si veda il link: http://www.oltrepo-oltre.it


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