La narrazione
territoriale e i suoi strumenti
L'esperienza della SNT(Scuola di Narrazione Territoriale del
progetto OLTREPOBIODIVERSO
nell'Appennino di Lombardia.***
di Giorgio Boatti
(in collaborazione con Elena Buscaglia, Paola Fugagnoli, Raffaella Piazzardi, della Fondazione Sviluppo Oltrepò)
La narrazione territoriale - e non solo nel nostro Paese - avrebbe
una lunga storia da porgere a chi fosse disposto a darle ascolto. Attingendovi
se ne potrebbe trarre messe di sguardi fecondi. E non solo sul passato e sul
presente ma, cosa più rilevante, sul prossimo futuro.
1. fiori blu e appennini
azzurri
Invece, ancora una volta, rischiamo di sostare inutilmente sui
fraintendimenti spazio-culturali fra
popoli, territori ed epoche che sono affrontati da"Fiori blu"[1],
romanzo di Raymond Queneau (magistrale traduttore italiano, Italo Calvino).
E
sugli interrogativi che a questo proposito si pone il personaggio principale,
il duca d'Auge, che a modo suo forse riesce a dare voce alla domanda di tutti
noi:
"Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora
qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco
distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca
corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto
Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevano
calvadòs...
- Tutta questa storia - disse il Duca d'Auge al Duca d'Auge -
tutta questa storia per un po' di giochi di parole, per un po' d'anacronismi:
una miseria.
Non si troverà mai una via d'uscita?"[2]
Tra i luoghi dove le domande dei "fiori blu" possono
trovare una parvenza di risposta vi sono le aree fragili, e tra questi l'Appennino.
Quello delle"azzurre valli" di
Attilio Bertolucci[3] e
dell'"azzurro lontano" di Giorgio Caproni[4].
Gli Appennini, ovvero i caposaldi silenziosi delle aree
fragili della nostra penisola, quelle che si distanziano, si contrappongono ma,
anche, dialogano e interagiscono con i territori metropolitani. Metropoli, dunque
quelle "Città Stato" (poche in Italia, Milano sicuramente è e sarà
sempre più tra queste) che punteggeranno
e condizioneranno l'Europa e il mondo dei prossimi decenni[5].
Da questo punto di vista, rispetto al medioevo del Duca D'Auge
e/o alla storia di lunga durata del nostro Paese, solo l'apparenza cambia: non più Castello vs campagna, o Città e vs Contado e viceversa, ma "aree
interne" vs "aree
metropolitane".
La sostanza della polarizzazione, però, rimane. E' la stessa. E
qui, nel malcontento delle comunità silenziose che non si sono sentite - a torto o a ragione - né capite né
ascoltate nelle passate stagioni, ristagna e matura l'isolazionismo malmostoso,
la sindrome di chi, per timore di cadere in mano di qualche minaccioso nemico,
si prende d'assedio da se stesso. Diffidando del mondo circostante, del proprio
tempo e perfino del proprio esserci. Tanto da affidare il proprio futuro alla
paura, unico sentimento che sa ancora ascoltare e seguire.
2. le nostre strade di
San Giovanni
Questo accadere ha qualcosa a spartire anche con la narrazione
territoriale. Perché la narrazione territoriale, soprattutto quella che sorge
dalle "aree interne" ha come costante l'insistere e il procedere su
quelle linee di demarcazione - ambientali e demografiche, storiche e politiche,
culturali e sociali, economiche e produttive -
che apparentemente contraddistinguono mondi diversi. Linee di confine
che dovrebbero indurre, cosa da farsi a cospetto di ogni confine e frontiera, ad
interpellarvi su noi stessi. E su l'altro che è oltre noi.
Da questo punto di vista la narrazione territoriale è un fiore
che sboccia proprio lungo queste linee
di dimarcazione. Dunque a ridosso di quelle terre, di lembi diversi e mondi accostati, su cui transitano le
"strade di San Giovanni" delle nostre vite e delle nostre comunità.
Cosa sia una "strada di San Giovanni" (santo
solstiziale, dunque di transito ma anche di accostamento tra la l'ombra e la
luce) lo spiega proprio Italo Calvino in
una pagina quanto mai significativa di un suo bel libro:
una pagina quanto mai significativa di un suo bel libro:
"Per
mio padre il mondo era di là in su (ovvero dalla strada di San Giovanni, che
portava ai poderi della collina, nda), e l'altra parte del mondo, quella di
giù ( la città di San Remo, il lungomare, la vita urbana, nda), era
solo un'appendice, talvolta necessaria per le cose da sbrigare, ma estranea e
insignificante, da attraversare a lunghi passi quasi in fuga, senza girare gli
occhi intorno. Io no, tutto il contrario: per me il mondo, la carta del pianeta, andava da casa nostra in giù, il resto era
spazio bianco, senza significati; i segni del futuro mi aspettavo di decifrarli
laggiù da quelle vie, da quelle luci notturne che non erano solo vie e le luci
della nostra piccola città appartata, ma LA CITTA', uno spiraglio di tutte le
città possibili, come il suo porto era già i porti di tutti i
continenti..."[6].
Redigere
la nostra "carta del pianeta": non è forse questa la sintesi - la più immediata e fulminante - della
narrazione territoriale?
La
"carta del pianeta", ovvero la rappresentazione dei mondi che
portiamo in noi e che ci guidano nelle nostre ricognizioni attraverso spazi
abituali o nuovi. Nostra "carta del pianeta, ovvero segni che diventando
significati, immagini che si fanno simbolo, parole che compongono una
narrazione.
Una
visione, dunque.
Simbolica,
certo, perché frutto di sintesi ma anche in continua evoluzione. Perché composta
in un'architettura narrativa in cui confluiscono concretissimi elementi di
luoghi e di memoria, di esperienze e personaggi, di problematicità passate o
incombenti, di narrazione dunque.
L'assenza,
o almeno la protratta e conclamata carenza e crisi dei soggetti - famiglia e
scuola, politica e chiesa e momenti istituzionali e collettivi, giornali locali
, etc - che si sono fatti carico sino a tempi recenti della produzione e
trasmissione della narrazione territoriale dentro le comunità, pongono, in ogni
area fragile, il tema del suo proporsi. O riproporsi.
Questa
è stata la considerazione che ci ha indotti a creare una SNT, una scuola di
narrazione territoriale in Oltrepò Pavese. Ovvero in una delle "aree
fragili" dell'azzurro Appennino. Lo abbiamo fatto poiché abitare il mondo,
ovunque ci si trovi, è stare consapevolmente dentro una narrazione, o più
narrazioni, che dal rapporto con i luoghi traggono fondamentali elementi e
dinamiche decisive nella ricerca del senso del nostro vivere. Come persone e
come comunità.
3. narrazione e
comunicazione...
Nell'avviare
l'esperienza di SNT, sorta nel procedere
dell'esperienza di OLTREPOBIODIVERSO[7],
progetto avviato nell'ambito di AttivAreee di Fondazione Cariplo
http://www.attivaree-oltrepobiodiverso.it
e in corso di realizzazione da parte di Fondazione Sviluppo Oltrepò, avevamo bisogno di questi riferimenti irrinunciabili quali punti cardinali per non smarrire il nostro cammino.
http://www.attivaree-oltrepobiodiverso.it
e in corso di realizzazione da parte di Fondazione Sviluppo Oltrepò, avevamo bisogno di questi riferimenti irrinunciabili quali punti cardinali per non smarrire il nostro cammino.
Soprattutto in considerazione del fatto che ultimamente la
narrazione territoriale parrebbe essere diventata - nel micidiale cortocicuito
tra effimero e funzionale che stiamo attraversando nel nostro Paese - una
disciplinata e subordinata scolaretta. Seduta sui banchi della classe di Madama
Comunicazione. Vale a dire la maestosa Domina che pone le sue irrinunciabili
funzioni al servizio di tutti. Leader politici e organismi rappresentativi,
istituzioni ed imprese, soggetti dell'associazionismo e del volontariato.
Nonché di ogni figura o personaggio che a qualsiasi titolo voglia o debba
calcare la ribalta, cercando di catturare l'attenzione dei cittadini, degli
utenti, del pubblico. O, più semplicemente, dei consumatori.
Della Comunicazione anche i territori, le comunità, e i
soggetti che vi operano, hanno ovviamente un bisogno cruciale. Proprio perché
comunicare è indispensabile ad ogni territorio sia per avviare e irrobustire i
processi partecipativi al proprio interno sia per confrontarsi e misurarsi col
mondo circostante.
Tuttavia, detto questo, sia
consentito rimarcare come la narrazione territoriale non debba dimenticare il
terreno dove sbocciano i suoi fiori blu.
Debba dunque rivendicare nella
pratica concreta una sua autonomia fondativa, un suo passo creativo,
un suo procedere sintonico ai tempi e
alle modalità complesse con cui territori e comunità dialogano, sia con se
stessi sia con gli altri.
Se non vuole smarrire
la sua più forte connotazione non può sorgere né operare come mera costola della
Comunicazione, al traino delle sue strategie e dai suoi obiettivi tattici.
Ovviamente fronteggiare questo smarrimento è più facile da
dire che da fare. Soprattutto operando in un territorio, quale l'Oltrepò Pavese,
che nel corso degli ultimi decenni, come tante altre aree interne, rileva
difficoltà crescenti nell'elaborare una narrazione territoriale che rappresenti
una visione adeguata del proprio esserci e del proprio operare. Capace altresì di
confrontarsi coi mutamenti in
corso ,proprio perché non frammentata o ancorata
a sorpassati scenari.
Una narrazione territoriale quindi che sia anche efficace,
soprattutto nel creare condivisione e partecipazione attorno a quelle finalità - di innovazione, di
rimodulazione delle dinamiche di comunità, di consapevolezza dei propri asset a
cominciare dalla preziosa biodiversità - che sono al centro del progetto
OltrepoBiodiverso.
4. Oltrepò Pavese,
ovvero Appennino di Lombardia
Una
scommessa difficile, calata in un quel lembo collinare e montano della
provincia di Pavia che sembrava aver scordato (fino a quando non glielo si è
ricordato, proprio grazie al progetto OltrepoBiodiverso, alla SNT e alla guida
TCI "Oltrepò. l'Appennino di Lombardia"[8]
che ne è sorta) di essere la propaggine finale (o iniziale) della catena
montuosa che percorre tutta la penisola.
Appennino:
vale a dire non solo un dato geografico o morfologico ma la preziosa
connotazione sorta dal confluire di fattori storici e culturali, artistici e
spirituali, che uniti alla dotazione ambientale fanno degli "azzurri
appennini" uno degli elementi distintivi della civiltà del nostro Paese.
Di
tutto questo non vi era praticamente traccia nelle comunicazioni che negli
scorsi decenni cercavano di delineare una narrazione territoriale spesso priva
di bussola e di punti di riferimento. Incerta tra i sussulti identitari più
localistici (espressi ad esempio dal sito di promozione turistica di alcune
località caratterizzato dall'uso del dialetto locale) e la parodia di una rampante
comunicazione o di un orecchiato storytelling declinato in tonalità commerciali
ed aziendali quanto mai dozzinali.
Per
non parlare dei rivoli di narrazione territoriale riversati individualmente sui
social e densi di lamentazioni, di lagne autolesioniste. Il tutto ovviamente
condito da crescenti timori verso le ondate migratorie presenti e future (
rimuovendo peraltro il fatto che le ondate migratorie degli anni Novanta hanno
consentito all'Oltrepò di colmare i vuoti, dentro le aziende agricole e gli
esercizi commerciali, determinati dall'esodo demografico e dal tasso di
invecchiamento della popolazione).
Tutto
questo smarrimento, anche nella rappresentazione narrativa del territorio, si è accentuato con la crisi della politica
tradizionale. Dunque col venir meno di
una politica che seppur aderendo formalmente alle dinamiche della moderna
democrazia rappresentativa in realtà continuava, spesso senza saperlo, ad
aderire a modelli di governo e rappresentanza del territorio ben più arcaici ed
antichi. Quelli che fanno sì per esempio che la più duratura forma di
rappresentazione geografica unitaria di questo territorio sia ancora quella
della sua diocesi di riferimento. Vale a dire l'antica diocesi di Tortona, che
dalla via Romea, a ridosso del Po, risale per colline e montagne inglobando
aree che ora appartengono a quattro regioni (Lombardia, Emilia-Romagna,
Piemonte, Liguria) e a quattro province.
Ma
qui, inoltre, l'orizzonte che si stende su crinali e profili di torri e di
castelli, tiene memoria delle dominazioni dei Malaspina e dei Dal Verme, dei
Visconti e dei comuni della Città in lizza l'un contro l'altra sin dal Medioevo.
Per non parlare del possente ruolo steso su queste vallate dal potente
monastero di Bobbio sorto in epoca longobarda e che aveva scalpellato la sua
"via degli abati" verso Roma ritagliandola lungo un percorso che solo
la storia precedente può spiegare. Fila infatti lungo la terra di nessuno che
si apriva tra i contrapposti contrafforti dell'interminabile guerra tra
goti-bizantini che poi verrà declinata nel conflitto trai bizantini e i nuovi venuti, i longobardi.
5 - Tra antichi cammini e patriarchi territoriali
E
mentre la storia scriveva le sue pagine di sangue e di spade, su altre strade,
la "via del sale",
per esempio, le lunghe carovane di muli del commercio continuavano a garantire lo scambio tra sale e grano tra i popoli del mare e quelli della pianura come aveva raccontato Fernand Braudel ne "Civiltà e imperi nel Mediterraneo nell'età di Filippo II"[9].
per esempio, le lunghe carovane di muli del commercio continuavano a garantire lo scambio tra sale e grano tra i popoli del mare e quelli della pianura come aveva raccontato Fernand Braudel ne "Civiltà e imperi nel Mediterraneo nell'età di Filippo II"[9].
Territorio
l'Oltrepò come mosaico di frammentazioni - di vallate, di signori in guerra, di
Stati diversi (Regno di Piemonte, Lombardo-Veneto, Ducato di Parma e Piacenza
che sino all'unificazione nazionale lì confinano) - che trovano disegno comune
e unità sotto il bastone di comando di "patriarchi territoriali" che parlano
ad una sola voce a nome dell'Oltrepò. "Patriarchi territoriali" che
ogni epoca esprime a modo suo ma che hanno in comune, ad esempio tra
l'Ottocento monarchico e il Novecento repubblicano, il lungo lungo perdurare. Rappresentato in epoca
recente da lunghe leadership contrapposte di esponenti DC quali i potenti
leader DC locali Giovanni Azzaretti e GianCarlo Abelli e in passato dal generale e conte Luchino dal
Verme, deputato del collegio oltrepadano dalla XVII alla XXIII legislatura,
vale a dire dal 1890 al 1913[10].
Leadership
da "patriarchi territoriali" che giocano il loro ruolo di voce di un
Oltrepò che si sente quasi sempre "altro", dimenticato o isolato o
trascurato, dai soggetti con cui interagisce: che siano lo Stato nazionale, la
Regione, l'Amministrazione Provinciale. Ai primi due, in particolare, l'Oltrepò
si presenta ripetutamente come il Sud del Nord, il "meridione della
Lombardia", chiedendo sostegno e piani di aiuto. Talvolta riuscendo anche
a strappare provvedimenti legislativi, regionali e nazionali, che ambiscono ad
interventi dal perimetro più ampio e duraturo.
Meno
frequenti invece le stagioni, quale quella del cooperativismo cattolico e
riformista, che all'interno del territorio vedano il maturare, dal basso, di
iniziative basate sulla reciproca collaborazione e la fiducia di soggetti
produttivi ed economici locali[11].
6 - Come una bottega artigianale. 2018: la prima stagione
della SNT
"..forse anche un
laboratorio, una bottega artigiana, artigiano da arte ovvero saper fare bene le
cose, impararando l'arte nel praticarla accanto agli altri, procedendo fianco a
fianco. un luogo e un modo: dove ciascuno ti passa la sua esperienza e al tempo
stesso, nel trasferirla, si mette in discussione, si perfeziona...."
Quando
- nell'autunno del 2017 - la SNT comincia a delinearsi come incontri da
organizzare in moduli tematici di un giorno/due ciascuno, rivolgendosi a non
più di due dozzine di partecipanti, si inquadarano tutti questi riferimenti.
Invece, sulle modalità che caratterizzeranno l'operare futuro, ci si concede
una certa duttilità. Dando per scontato che anche sbagliando si sarebbe alla
fine imparato a riconoscere la strada giusta da percorrere.
Ad
esempio l'ipotesi che prevedeva un contributo significativo per la
partecipazione ai lavori si è rivelata
poco praticabile e si è dovuto accettare iscrizioni a un prezzo pressoché
simbolico.
Si è
confermata invece l'utilità di lavorare come si operasse in una bottega
artigiana caratterizzata dunque:
a)
dall'apporto di consolidate esperienze alle quali attingere (di
professionalità, esperti tematici, ma anche di "case history"
emblematici) .
b) da
un metodo interdisciplinare caratterizzato da una visione pluriprospettica dei
temi tratti e da un impegno comune a trovare punti di convergenza e di
condivisione.
c)
dall'obiettivo di tradurre questo impegno in una "visione" che non
fosse sterilmente teorica ma potesse esprimersi in successivi interventi
concreti e strumenti efficaci e duraturi per la narrazione territoriale
dell'Oltrepò e per le finalità perseguite dal progetto OltrepoBiodiverso da cui
la SNT è scaturita.
Si è
aperta così, nella primavera del 2018, la prima stagione della SNT articolata in
questi tre moduli tematici:
14-15
aprile, Mairano di CAsteggio,
Fondazione
Branca Bussolera di Casteggio
Che cosa è l’Oltrepò? Che idea ne
abbiamo noi prima di tutto? Come ce lo raccontiamo? E’ possibile che, per chi lo
abita, il proprio paese diventi il centro del mondo perdendo il senso della
complessità, delle diversità che confluiscono in un territorio? Quali sono le
mentalità e i modi di raccontarlo di chi ci vive? Come si racconta un
territorio? Che immagini ne danno gli storici e i narratori? Le mitologie di un
territorio e quelle dell’Oltrepò. L’Oltrepò
come crocevia di una ricchezza che sorge dalla sedimentazione e dalla
contaminazione di culture e popoli.
E’ dunque prima di tutto -
rimarcavano - un problema di narrazione e cercheremo di focalizzare
l'attenzione sul come raccontare l’Oltrepò Pavese in una maniera diversa sia
dagli stereotipi degli scorsi decenni sia dagli smarriti balbettamenti odierni.
L’Oltrepò Pavese, tra geografia e storia. Un’isola di
colline, vallate e montagne, nell'arcipelago dell'Oceano mondo
sabato 12 maggio,
Zavattarello, Palazzo Comunale
Dov’è
l’Oltrepò? Sembra una domanda scontata ma pochi conoscono questo triangolo di
terra e non sanno come collocarlo nella spazialità di un'Italia che sempre più
è parte di una nuova Europa e di un mondo globalizzato.
L'angolazione
dalla quale si vuole afferrare una nuova narrazione delle specificità
dell’Oltrepò è data dai confini. Come dobbiamo raccontare la sua geografia?
Quattro grandi aree di racconto:
·
il
fiume Po, la pianura e la città: ovvero i confini e le mitologie che ne
derivano;
·
le
colline e la montagna: dai vigneti ai boschi;
·
le
vallate, i corsi d'acqua, i venti e le lune
·
le
strade e i sentieri, i ponti e le biforcazioni, le salite e le discese
Come si raccontano, con che parole e
con che numeri, i luoghi e loro particolarità al di là della semplice
descrizione di un paesaggio? Quali sono gli strumenti narrativi di cui dobbiamo
dotarci per far emergere le comparazioni vecchie e nuove - date quest'ultime
dallo sguardo di chi venuto da lontano è capitato nei nostri luoghi - che
delineano l'immagine Cosa sono le geografie letterarie?
Nominare la natura: ovvero l'OltrepoBiodiverso.
sabato 16 giugno, a Valverde, presso il Laboratorio Ambientale del Parco delle
Farfalle Centro Comunale Polifunzionale, Località Mombelli (Valverde)
Un paesaggio
unico dove dialogano zone climatiche diverse in un tripudio di incontri di
fauna e flora: l'origine di una biodiversità straordinaria sta tutta qui. Dare
un nome a ogni tassello di questa diversità, e farne la nota di uno spartito
narrativo ricchissimo e armonioso, è un doveroso atto di conoscenza e di
attenzione: amare un territorio è dargli attenzione anche attraverso le parole
e i saperi che ne descrivono le varie forme di vita. Dunque non limitarsi a
percorrerlo ma com-prenderlo, sapendo prenderlo con sé con esattezza:
conoscendo questa “isola di meraviglie”
che può diventare una ricchezza e un’attrazione turistica sostenibile.
Come operare per raccontare gli aspetti fondamentali
della biodiversità, quali strumenti lessicali, a quali saperi e modalità
attingere per disporre di nuovi attrezzi narrativi?
Non a
caso si è deciso, per valorizzare ulteriormente il territorio, di tenere i
moduli della SNT in tre location diverse in qualche modo sintoniche alle
tematiche affrontate di volta in volta.
La
prima delle location è stata villa Rajna di Fondazione Branca Bussolera sui
colli di Mairano, Casteggio.
La
seconda è stato il palazzo che a Zavattarello
ospita il Comune.
La
terza è stato il funzionale Centro Polifunzione di Valverde.
I tre
moduli hanno registrato la partecipazione di una media di una quindicina di
iscritti (da 12 del primo appuntamento ai 20 dell'ultimo) e si sono avvalsi
dell'apporto esterno di varie voci ed esperienze.
Da questi incontri sono
emersi numerosi spunti.
Uno dei più importanti è
stato quello apparentemente più ovvio: la necessità che la comunicazione
territoriale si esprimesse con modalità e strumenti diversi. Tentasse dunque di
essere una polifonia affidata a strumenti che non fossero solamente la
scrittura e la parola ma attingesse
anche ad altre modalità che in Oltrepò non si erano mai adeguatamente
sperimentate.
7
- Tra spettacolo, musiche e rivisitazioni di borghi abbandonati
Una delle prime realizzazioni
è stata dunque la lavorazione di un testo, scaturito dallo scambio di opinioni
tra i partecipanti ai primi due moduli, che potesse rappresentare il canovaccio
di una narrazione in forma teatrale del "mosaico d'Oltrepò".
L'occasione per sperimentare
questa soluzione è stata data, a giugno, da un evento scaturito sempre
all'interno del progetto OltrepoBiodiverso per la valorizzazione dei musei
locali e in particolare dell'originale Museo del Cavatappo, situato a
Montecalvo Versiggia.
Così è sorto lo
spettacolo-monologo "Risonanze - Le voci d'Appennino" che non attinge
soltanto alla storia ma anche alla fantasie e alle leggende, al racconto
popolare, che è per sua natura orale.
Risonanze – Le voci d’Appennino non ha solo un suo filo narrativo
logico da seguire, ma obbedisce ad una dettatura invisibile ma viva: è quella
dei suoni e delle lingue parlate, dei modi di dire dialettali che conservano
con efficacia immagini, volti, voci, persone e legami di un mondo difficile
ormai da afferrare.
Attraverso la voce di un attore e la
fisarmonica di un musicista si racconta la storia di un angolo, l’Oltrepò
Pavese, che è lo spicchio più settentrionale di quell’Appennino che percorre
tutta la penisola, una sorta di spina dorsale che unisce l’Italia.
L’Oltrepò, Appennino di Lombardia, è
una sintesi di questo territorio: i suoi personaggi fanno rivivere l’anima
segreta di luoghi in cui si è fatta la storia. Qui sono transitati gli
elefanti di Annibale e le legioni romane, i Longobardi e gli altri popoli che
irrompono al crollo dell’impero e Carlo Magno fondatore di un nuovo ordine. E
poi i pellegrini e i crociati diretti verso l’Oriente e i mercenari come
John Hawkwood, quel Giovanni l’Acuto terrore dei borghi d’Oltrepò.
Ma le risonanze delle voci d’Oltrepò,
e dunque di Appennino, sono anche quelle dei più umili: i contadini e i
vignaioli, i cantinieri e i narratori di paese, eredi dei cantastorie e dei
trovatori provenzali che al tempo di Dante furono ospitati proprio nel severo
castello di Oramala, posto a presidio della Valle Staffora.
La narrazione diventa uno strumento
coinvolgente per far vivere storia e memoria: non per nostalgia ma per
amore di una terra da guardare con fiducia, perché capace di far incontrare la
magia del passato con la paziente e innovativa energia che apre il passo al
futuro.
Risonanze, LE VOCI
D’APPENNINO (DIE STIMMEN DES APENNIN) con Davide Ferrari e Giacomo de Barbieri
è presentato per la prima volta a
Montecalvo Versiggia, nel piazzale del Museo del Cavatappi nel giugno del 2018.
Quindi, successivamente si rimette in cammino e giunge in Germania, al
Museo Kestner di Hannover, invitatovi in occasione della XVII settimana della
Lingua Italiana nel Mondo e subito dopo a Hildesheim e Osnabrück[12].
Una tappa successiva della SNT viene ad essere in occasione
delle Giornate
Europee del Patrimonio (GEP) manifestazione promossa nel 1991 dal Consiglio
d’Europa e dalla Commissione Europea.
Il progetto
OltrepoBiodiverso e la SNT si sono inseriti nella giornata partecipando alla
elaborazione dell'appuntamento di sabato 22 settembre a Brallo di
Pregola (PV) e di domenica 23 settembre a Montalto Pavese, “Ascoltare il paesaggio. Voci e vita in Oltrepo’
Pavese", organizzato tra gli altri dalla Soprintendenza Archeologia
Belle Arti e Paesaggio appunto in collaborazione con Fondazione per lo
Sviluppo dell’Oltrepò, Comune di Brallo di Pregola – Comune di Montalto
Pavese, Ordine degli Architetti, Ordine degli Ingegneri e Collegio dei geometri
di Pavia.Al centro degli incontri la tutela del
paesaggio, la valorizzazione della biodiversità, le azioni di innovazione
territoriale e sociale in atto nell’Oltrepò Pavese.
Temi, quest’ultimi, al centro del progetto OltrepòBiodiverso selezionato dal bando AttivAree promosso da Fondazione Cariplo.
Temi, quest’ultimi, al centro del progetto OltrepòBiodiverso selezionato dal bando AttivAree promosso da Fondazione Cariplo.
La SNT in particolare ha ideato una coinvolgente
escursione accompagnata sino all’abitato, da tempo abbandonato, di Rovaiolo. lì, nel silenzio del borgo ormai senza abitanti,
si è tenuto uno scambio di idee sull’ “Abitare
le terre abbandonate"
condotto da Giorgio Boatti e con la partecipazione dello scrittore Mario Ferraguti,
del sociologo Andrea Membretti, dell’architetto Luca Micotti, dello scrittore
Paolo Repossi e di Silvia Passerini fondatrice della Rete del Ritorno.
Un confronto che si è focalizzato sia sui progetti in corso per portare innovazione e valorizzazione territoriale nell’Alto Oltrepò sia sulle azioni culturali e le dinamiche sociali da incrementare per incidere positivamente sull’attuale scenario delle “aree interne dell’Appennino”.
Un confronto che si è focalizzato sia sui progetti in corso per portare innovazione e valorizzazione territoriale nell’Alto Oltrepò sia sulle azioni culturali e le dinamiche sociali da incrementare per incidere positivamente sull’attuale scenario delle “aree interne dell’Appennino”.
8 - Un Oltrepò che cambia ritmo. E una guida TCI per
narrarlo adeguatamente
La narrazione
territoriale deve tener conto anche dei mutamenti avvenuti sul fronte delle
dinamiche turistiche nel corso degli ultimi decenni. In Oltrepò è tramontato il
periodo del turismo domenicale della gita fuori porta, con escursione dei milanesi finalizzata al
pranzo festivo di famiglia con lunghe soste a tavola ed eventuale acquisto di
vino. Si è anche attenuato l'uso della seconda casa soprattutto quando le
famiglie acquirenti stentano a portare fuori dalla grande città, verso piccole
località della collina, i figli cresciuti.
Non più piccoli ma adolescenti.
Nel frattempo è
maturato un target di turismo con altre connotazioni: amante del trekking e del
biking cerca territori di collina dove sentieri e strade poco affollate da auto
consentano all'escursionista di camminare in pace e permettano a chi ama le due
ruote di cimentarsi sui più diversi tipi di percorso e di difficoltà.
Altrettanto
significativamente sta crescendo la platea delle persone che amano scoprire e
tornare in territori dove la biodiversità è significativa ed interessante e la
cura ambientale offre la possibilità di immergersi per l'intera giornata nel
silezio, di godere della natura e di scoprire boschi significativi (l'Oltrepò dell'alta
collina ha una superficie forestata pari a metà della sua estensione)
Mancava però da
decenni, nella narrazione territoriale dell'Oltrepò, una guida turistica
autorevole per efficacia della narrazione e soprattutto capace di cogliere
questi spunti nuovi e saperli tradurre non solo in itinerari precisi ed
utilizzabili dal turista 2.0 ma anche in
una "visione" diversa,
calibrata su lentezza, ambiente, biodiversità, consapevolezza culturale del
variegato mosaico delle vallate d'Oltrepò e delle sue sempre valide e genuine
modalità tradizioni, anche a livello eno-gastronomico.
La
guida TCI "Oltrepò. L'Appennino di Lombardia" scritta da Gino Cervi,
storico del ciclismo e da Claudio Gregori, una delle "grandi penne"
della "Gazzetta dello Sport" (quasi un quarto di secolo come inviato
al seguito del Giro d'italia) è totalmente sintonica con la visione del
territorio espressa dal progetto OltrepoBiodiverso e articolata anche
attraverso i vari moduli della SNT. Uscita nell'autunno del 2018 e presentata
in varia località e location è stata presto ristampata e ha raggiunto,
distribuita in tutta la penisola, un pubblico che nessuna altra guida d'Oltrepò
aveva mai pensato di toccare.
https://www.facebook.com/OPBioDiverso/videos/309169229935184/
https://www.facebook.com/OPBioDiverso/videos/309169229935184/
Le
successive presentazioni di questa guida sono state, in un certo senso,
ulteriori sessioni di Scuola di Narrazione Territoriale e di composizione di
quel mosaico narrativo delle terre d'Oltrepò che sono tra le finalità della
scuola stessa.
9 - Oltrepò in narrazione. Nel 2019 e
"Oltre il futuro".
Anche
nel 2019 proseguono gli appuntamenti della SNT, sempre coerenti con le premesse
iniziali ma focalizzati su target precisi, su tematiche perimetrate in modo
sempre più netto.
Uno
dei fattori fondamentali che il progetto OltrepoBiodiverso ha individuato nella
valorizzazione e innovazione territoriale è stato l'attivazione della scuola e
di tutti i soggetti che vi operano. A parte la rilevante introduzione di classi
"montessoriane" in due località è stato significativo l'impegno del
plesso scolastico della Valle Versa per fare della biodiversità un concreto
percorso di ricognizione nella flora, nella fauna, nella morfologia e geografia
del territorio nonché nelle sue tradizioni. Alunni delle classi elementari
guidati dai loro insegnanti hanno composto così una sorta di narrazione
territoriale adeguata al loro livello scolastico e l'hanno riversata in un sito
"oltrepo oltre" aperto alla consultazione dei loro coetanei e
dei cittadini nonché all'implementazione
di sempre nuovi tematici[13].
Proprio
riferendosi a questo target il primo focus 2019 della SNT è stato quindi
dedicato all'incontro, il 15 marzo, alla Penicina, tra la biodiversità e la Big History. Un
appuntamento realizzato in funzione dell'introduzione di una didattica
sperimentale della Big History nelle scuole. L'appuntamento è stato organizzato
dalla Fondazione Sviluppo Oltrepò Progetto Oltrepobiodiverso - SNT (SCUOLA DI
NARRAZIONE TERRITORIALE) in collaborazione con OPPI (Organizzazione per la
Preparazione Professionale degli Insegnanti) e con Fondazione Adolescere presso
l'OIC (Open Innovation Center) della Penicina di Romagnese.
Sostenuto negli
USA da Bill Gates, fondatore di Microsoft,
il progetto " Big History" è
finalizzato a portare nelle scuole di ogni ordine e grado la
consapevolezza delle acquisizioni scientifiche e culturali necessarie a
comprendere l'evoluzione dell'Universo e della Terra sino al mondo in cui
viviamo e all'epoca attuale, padroneggiandone la sempre maggiore complessità.
Big History è dunque un
movimento accademico internazionale impegnato a sintetizzare in un progetto
formativo e scolastico la storia integrata del Cosmo, della Terra, della
Vita dell'Umanità. Nel corso degli ultimi anni si sono avviate
anche in Europa, dopo gli USA, sperimentazioni didattiche in vari ordini di
scuole e in diversi Paesi. Anche in
Italia recentemente si sono avviate sperimentazioni alle quali si riallaccia
appunto il focus organizzato per gli
insegnanti dalla SNT. Focus che si è strutturato in due giornate di lavoro sui
seguenti contenuti:
·
La Biodiversità come soglia di complessità nella visione dell'ecosistema e della storia dell’universo (contributi della prof.ssa Silvia Assini, dell'Università degli studi di Pavia, del dott. Adalberto Codetta Raiteri, Trainer Teacher dell'OPPI, del dott. Paolo Vismara, Trainer Teach dell'OPPI, dottore di ricerca e insegnante)
La Biodiversità come soglia di complessità nella visione dell'ecosistema e della storia dell’universo (contributi della prof.ssa Silvia Assini, dell'Università degli studi di Pavia, del dott. Adalberto Codetta Raiteri, Trainer Teacher dell'OPPI, del dott. Paolo Vismara, Trainer Teach dell'OPPI, dottore di ricerca e insegnante)
·
Studio del progetto in corso presso in una scuola
media ( a cura dei Trainer Teacher della OPPI)
·
Progettazione di un percorso Big History pluriennale
per la propria scuola (a cura dei Trainer Teacher della OPPI)
IL FORUM si è rivolto principalmente ad insegnanti di ogni ordine e
grado, a ricercatori e studenti universitari nonché ad operatori culturali e
territoriali interessati alle tematiche proposte.
Ma
tutto questo variegato mosaico di attività, finalizzato a dare nuova e più
adeguata narrazione territoriale al territorio, consentendo una sua migliore
conoscenza all'esterno ma, soprattutto, il sorgere di una più efficace
partecipazione dei cittadini e delle comunità locali al processo innovativo in
atto grazie al progetto Oltrepobiodiverso, sarebbe incompleto senza parlare di
"Oltrepò.Pronti per il futuro".
"Oltrepo.
Pronti per il futuro" è il racconto dell'esperienza di formazione
lavorativa e di integrazione linguistica mirata su richiedenti asilo ospitati
in Oltrepò e condotta all'interno del progetto
Oltrepobiodiverso.
Negli
scambi di idee all'interno dello staff del progetto e negli step della SNT si è
valutato come indispensabile non ignorare un processo così significativo, e -
inutile negarlo - denso di ostacoli, che cercava di affrontare in modo concreto
le derive isolazioniste che proprio sul tema dei migranti si percepivano e si
continuano a percepire all'interno delle comunità locali.
Si è
reputato che un un cortometraggio, raccogliendo tre significative storie di
migranti coinvolti nell'azione di formazione e soffermandosi con sobrietà,
attraverso la loro diretta testimonianza, sul loro impatto con l'Oltrepò,
potesse se non altro dare asciutta rappresentazione di una questione che è
quanto mai aperta.
Il
cortometraggio, realizzato da Filippo Ticozzi, non ha soluzioni miracolose né
si affida a toni mirabolanti. Racconta la vicenda di tre migranti che si
accostano al territorio avendo alle spalle vicende e connotazioni assai diverse
ma uniti dal fatto di voler essere parte del processo innovativo che investe
tante comunità, anche attraverso l'incontro/scontro tra residenti e richiedenti
asilo.
Da
questo punto di vista le immagini di "Oltrepò. Pronti per il futuro"
parlano da sole. Soprattutto quando si soffermano sulla quotidianità di queste tre vite, colte al
lavoro, sullo sfondo di paesaggi oltrepadani quanto mai suggestivi ma vuoti di
altre presenze. Quasi che le comunità si smaterializzassero davanti al problema
che le interpella.
Da
questo punto di vista le derive isolazioniste non si esprimono, come è accaduto
altrove, in eclatanti e clamorosi episodi di rifiuto ma viaggiano sottotono. Si
affidano al silenzio e al vuoto.
Un
silenzio e un vuoto che non possono che essere fronteggiati dalla continuazione
dell'impegno a produrre dialogo e confronto, innovazione ed inclusione dentro
le comunità.
Proprio come da più di due anni sta cercando di fare il progetto OltrepoBiodiverso con le sue articolate azioni e la Scuola di Narrazione sorta al suo interno e che, con questo blog, con questo contributo, si apre al dialogo.
Dialogo aperto con tutti i soggetti operanti sul tema della valorizzazione delle aree interne, ma anche con tutti coloro impegnati nell'innovazione e nella sperimentazione territoriale in corso in tante realtà collocate sia ai "bordi del centro" sia negli stessi centri metropolitani. Nella convinzione che solo dal dialogo, e da un reciproco interagire, sorgerà il nuovo cammino da intraprendere.
Proprio come da più di due anni sta cercando di fare il progetto OltrepoBiodiverso con le sue articolate azioni e la Scuola di Narrazione sorta al suo interno e che, con questo blog, con questo contributo, si apre al dialogo.
Dialogo aperto con tutti i soggetti operanti sul tema della valorizzazione delle aree interne, ma anche con tutti coloro impegnati nell'innovazione e nella sperimentazione territoriale in corso in tante realtà collocate sia ai "bordi del centro" sia negli stessi centri metropolitani. Nella convinzione che solo dal dialogo, e da un reciproco interagire, sorgerà il nuovo cammino da intraprendere.
Ringraziamenti
Alla nascita e alle attività della SNT hanno dato un contributo significativo - in aggiunta al supporto dello staff di Fondazione Cariplo ( Elena Jachia, Valeria Garibaldi, Lucia Masutti) e all'apporto determinante e irrinunciabile dello staff (coordinatrice Raffaella Piazzardi, Elena Buscaglia, Paola Fugagnoli) della Fondazione Sviluppo Oltrepò presieduta da Riccardo Fiamberti - tante persone.
Tra queste, per i preziosi suggerimenti e gli spunti sempre fecondi forniti alle varie tappe della SNT e anche alla mia redazione di questo testo, un grazie immenso lo devo a Federica Baldelli.
L'elenco dei ringraziamenti però si estende doverosamente a tante altre persone.
Tra queste si debbono rammentare gli scrittori Guido Conti (che ci ha accompagnati nel coordinamento di tutti e tre i primi moduli), Paolo Repossi, Mario Ferraguti, il poeta ed attore Davide Ferrari, i giornalisti Piero Colaprico, Filiberto Mayda, Claudio Gregori, Gino Cervi, i ricercatori Matteo Barcella, Silvia Assini, il biologo e documentarista televisivo Francesco Tomasinelli, le guide ambientaliste Federico Bertone e Lucia Tuoto, il musicista e cantante folk Camillo Moroni del complesso oltrepadano "I Bataquaerch", il musicista Giacomo de Barbieri, i consulenti territoriale Claudio Calvaresi, i formatori OPPI Adalberto Codetta Raiteri e Paolo Vismara.
Alla nascita e alle attività della SNT hanno dato un contributo significativo - in aggiunta al supporto dello staff di Fondazione Cariplo ( Elena Jachia, Valeria Garibaldi, Lucia Masutti) e all'apporto determinante e irrinunciabile dello staff (coordinatrice Raffaella Piazzardi, Elena Buscaglia, Paola Fugagnoli) della Fondazione Sviluppo Oltrepò presieduta da Riccardo Fiamberti - tante persone.
Tra queste, per i preziosi suggerimenti e gli spunti sempre fecondi forniti alle varie tappe della SNT e anche alla mia redazione di questo testo, un grazie immenso lo devo a Federica Baldelli.
L'elenco dei ringraziamenti però si estende doverosamente a tante altre persone.
Tra queste si debbono rammentare gli scrittori Guido Conti (che ci ha accompagnati nel coordinamento di tutti e tre i primi moduli), Paolo Repossi, Mario Ferraguti, il poeta ed attore Davide Ferrari, i giornalisti Piero Colaprico, Filiberto Mayda, Claudio Gregori, Gino Cervi, i ricercatori Matteo Barcella, Silvia Assini, il biologo e documentarista televisivo Francesco Tomasinelli, le guide ambientaliste Federico Bertone e Lucia Tuoto, il musicista e cantante folk Camillo Moroni del complesso oltrepadano "I Bataquaerch", il musicista Giacomo de Barbieri, i consulenti territoriale Claudio Calvaresi, i formatori OPPI Adalberto Codetta Raiteri e Paolo Vismara.
A tutti loro e ai molti altri che qui non sono stati citati va la mia più ampia riconoscenza.
giorgio boatti
giorgio boatti
[3] Attilio Bertolucci, Verso Casarola, in
"Viaggio d'inverno", cfr. Poeti italiani del Novecento a cura di P.V.
Mengaldo, Mondadori 1978, pag. 578.
[5] Su questo tema, tra l'altro, di Marco
Dotti, http://www.vita.it/it/article/2019/03/24/citta-stato-e-citta-senza-stato-che-cosa-accade-se-a-parlare-di-comuni/151032/
[7] Per le finalità e le azioni del
progetto Oltrepobiodiverso nonché per una puntuale sintesi del suo evolversi si
vada al link
[8] Cfr.Guida TCI "Oltrepò Pavese. L'Appennino di
Lombardia" di Gino Cervi e Claudio Gregori, edita dal Touring Club Italia,
2018.
[10] Sul tema dei patriarchi territoriali mi
permetto di rinviare a Giorgio Boatti, Il tempo è galantuomo. Dalla Valle
Staffora a palazzo Madama l'impegno politico e civile del sen. Giovanni
Azzaretti (1933-2015), Guardamagna editori in Varzi.
[11] Su queste vicende un utile riferimento è
nel saggio di Luciano Maffi, Storia di un territorio. Vigne e vini nell'Oltrepò
Pavese. Ambiente, società, economia. Franco Angeli editore 2010.
[12] Sui media "risonanze
d'appennino" riscuote interesse e attenzione, anche dai media tedeschi. Si
veda tra l'altro la rassegna stampa a questo link
© copyright Giorgio Boatti
tutti i diritti riservati
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