domenica 3 giugno 2018

PAOLO REPOSSI "ALLA BASE DI TUTTO UNA DOMANDA: UN TERRITORIO ESISTE SEMPLICEMENTE PER COME VIENE RAPPRESENTATO?"


MATERIALI DELLA SNT

Tra un appuntamento alle spalle (ZAVATTARELLO) e uno sull'orizzonte (VALVERDE, SABATO 16 GIUGNO) la Scuola di Narrazione Territoriale procede: anche mettendo a disposizione materiali utili alla continuazione del confronto tra i partecipanti.
Qui la sintesi dell'intervento con cui Paolo Repossi -  autore pubblicato da Instar Libri, uno dei pochi scrittori che in anni recenti ha saputo dare forte ed efficace narrazione dell'Oltrepò nei suoi romanzi, nei suoi racconti - ha partecipato alla giornata di Zavattarello.


PAOLO REPOSSI
"ALLA BASE DI TUTTO UNA DOMANDA:
UN TERRITORIO ESISTE SEMPLICEMENTE
PER COME VIENE RAPPRESENTATO?"

"Di solito non ho molto da dire sui miei libri, oltre a quello che già ci metto dentro, quindi proverò più che altro a raccogliere gli spunti proposti dai partecipanti alla Scuola di Narrazione Territoriale e accostarli alla mia narrativa.
Mi sembra che alla base di tutto vi sia soprattutto una domanda: viviamo dunque dentro la rappresentazione di un mondo?
Direi che fa veramente comodo, quando si parte il mattino presto, in macchina, per andare al lavoro, o quando si fatica dentro una vigna, pensare che quel tuo sentire, o quel tuo certo modo di vedere le cose, l’abbia già raccontato qualcuno.
Magari non è servito a nobilitare delle situazioni, ma in un libro si trova sempre qualcosa che si aveva già in testa e che si faceva fatica a mettere a fuoco.
Anche il territorio, quindi, esiste semplicemente per come viene rappresentato?
Lo studio  e la rappresentazione del territorio, e di conseguenza la sua gestione, sono stati ridotti per diverso tempo a poco più del semplice utilizzo di carte, di mappe, e dei relativi piani e programmi.
Il concetto di spazio ha dominato la scena per decenni, e in un contesto del genere un territorio come l’Oltrepò era perdente.
Una terra di fatto piatta (resa piatta dal dominio della cartografia) era troppo favorevole a certi spazi rispetto ad altri (la città era sempre più forte della campagna, e la pianura della collina).
Ma adesso la terra è tornata rotonda; la rete ha ingaggiato una lotta furiosa contro lo spazio (non so come stia andando, in effetti, questa battaglia, ma pare sia effettivamente in corso) e  il luogo sembra potersi prendere una rivincita, riportando il mondo da una condizione di disincanto ad una dimensione nuova, o forse antica, e più incantata della precedente.

Tra l’altro, se ci si muove su una sfera, prima o poi quello ci si è lasciati dietro ce lo si ritrova davanti.
Il mio territorio di riferimento è l’Oltrepò viticolo. C’è sempre un viticoltore, o il figlio di un viticoltore, nei miei libri, e il territorio è un personaggio anche lui, decisamente.
Se provo a dire qualche parola sugli ultimi miei 4 libri (sono a 7, quindi i primi me li sono ormai dimenticati, e in più faccio già confusione con quelli finiti, ma ancora da pubblicare), direi che Can che dorme è una storia di calciatori stralunati, ma anche di razzismo e di corsi d’acqua trascurati, che si mangiano via la terra e la portano a valle.
La gestione dell’aria
è una storia di padri e figli, di uva da raccogliere e di frane che lasciano dei segni sui versanti come quelli che lasciano sulla pelle certe operazioni.
L’erba che fa il grano è una saga famigliare, che parte dagli anni '30 e arriva ad oggi. Anche lì il paesaggio che scorre sotto la vita delle persone non è mai solo uno sfondo, e spesso sono proprio i cambiamenti della natura a far succedere le cose.
Estate in pieno è un romanzo circolare, dove i personaggi ritornano sempre verso le sarmase e le poche case sparse del loro paese, cercando un posto dove sta smettendo di piovere, dove aprendo le braccia uno può sentire da una parte la pioggia e dall'altra solo il vento.
Provo, alla fine, utilizzando gli spunti suggeriti da Guido Conti, ad abbozzare le prime voci dell' indice di un piccolo manuale di narrazione territoriale:
    usare alcuni elementi di neorealismo magico per descrivere il territorio
    provare a generare una mitologia del mangiare, del bere e del fare
    camminare e ascoltare come gesti rivoluzionari
    dare un nome alle cose (anche ad alcune che non esistono) per provare a farle diventare vere (non per forza vere nella realtà, ma anche solo vere nella narrazione, poi si vedrà)."



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