martedì 5 giugno 2018

Del salame e delle signore di Varzi, delle fette oblunghe e della lacrima

SNT. MATERIALI & PROPOSTE

La versione di Simon 

Del salame e delle signore di Varzi,
delle fette oblunghe e della lacrima

di Simon Marsh

Simon Marsh l'ho conosciuto non molto tempo fa. Gli ho dato un passaggio in macchina scendendo, mentre faceva buio, dal Penice verso Varzi. Avevamo bevuto qualche bicchiere a conclusione di una riunione su alla Penicina. Ad ogni tornante gli facevo una domanda ("Da che parte dell'UK arrivi?"). Lui - imperturbabile - verificava che tenessi il volante, che l'auto fosse ancora in carreggiata e prima che arrivasse una nuova curva rispondeva: ("Vengo da Dover, le bianche scogliere. Andavo a vedere il mare e la partenza delle barche ogni mattina. Sono stato a lungo a Milano. Anche adesso ci lavoro. Ma sempre meno. Adesso vado sul crinale d'appennino, a ogni tramonto, a vedere la partenza del sole...").
Poeta, traduttore, musicista e molto altro, Simon. Portato dalla scelta e dal caso su nel cuore dell'Appennino e lasciato lì. Il come è avvenuto sarebbe una grande storia, farebbe piangere e sorridere. Spiegherebbe come funziona la vita e, anche, come a volta non funziona affatto.
Comunque, per farla breve, Simon è arrivato alla Scuola di Narrazione Territoriale fatta sbocciare dalla Fondazione Sviluppo Oltrepò nell'ambito del progetto AttivAree-Oltrepobiodiverso varato da Fondazione Cariplo.
E ha deciso di raccontare, quando ne ha voglia, degli squarci d'Oltrepò visti da lui, che sta qui, in Appennino. Senza aver lasciato del tutto, sospetto, almeno nella sua testa, le bianche scogliere di Dover.
Per lui questi brevi pezzi che ogni tanto mi manda sono i "quartini", come le brocche di vino che accompagnano le cenette che si cucina con perizia.
Per me, invece, sono la "Versione di Simon".
Sono frammenti di un Oltrepò fissato da uno sguardo vicino e al tempo stesso lontano. Di un inglese che forse intravede la Manica oltre il crinale. E le scogliere appena oltre i boschi della valle Staffora.
Questi quartini, quando mi arrivano, me li gusto a poco a poco.
A volte li aggiusto, appena appena ma, quasi sempre, mi accorgo che vanno bene come sono.
Scritti così da Simon, arrivato da Dover sin qui, nel nostro Oltreshire. (giorgio boatti)




1. Vado a comprare il pane. Dietro il banco c’è qualcuno sempre tranquillo e gentile. Ti dicono da quale forno della zona arrivano trecce, micche, ciabatte e biscotti. Ci sono grossi rettangoli di focaccia di varia altezza e untuosità: vengono tagliati, trafitti ed imbustati con l’ausilio di una forbice da sei pollici.
Mentre aspetto il mio turno, contemplo due bastioni di coppa e pancetta nostrana; sono stivati in alto e tagliati fin quasi alla metà: le loro sezioni trasversali sembrano marmo rosso di onice, e un ipnotico vortice adiposo, striato di un cremisi sbiadito.
Prima di me ci sono due signore di Varzi. Sicuramente ormai sono in pensione e si vestono puntigliosamente bene. Quel vestir bene delle donne di una certa età, quelle che guardano ancora la qualità della stoffa e le doppie cuciture dei polsini. Hanno anche gli occhiali colorati. Quelli che vanno di moda adesso. Oggi c’è un'aria diversa nel negozio: è come se fossi entrato in casa di qualcuno.
Le due signore di Varzi sono immerse nell'acquisto di salami e cacciatorini, eccellenze della produzione gastronomica della vallata,  e stanno finendo di spiegare che servono per un premio. O forse per un regalo.
Mentre parlano, tastano con perizia questa creatura, il salame di Varzi,  che campeggia come totem sulle giornate, e soprattutto sulle tavole, dei varzesi. Le signore vestite bene sanno che ogni salame è diverso dagli altri e che deve essere maneggiato con estrema delicatezza. Quasi fosse sensibile e suscettibile e in grado di capire e soffrire e reagire ad ogni maldestra manipolazione, ad ogni incauto approssimarsi.
L'esame di ogni salame che le signore del negozio hanno intenzione di acquistare meriterebbe - meriterà! - un capitolo a sé, un quadro suo proprio, in quella galleria da dedicare al Varzi che prima o poi bisognerà creare: con le parole, con le immagini o chissà, forse semplicemente con un tagliere e un coltello bene affilato. E a portata di mano una bottiglia di vino rosso e un miccone di pane d'Oltrepò.



2. Ma torniamo al negozio. Dopo circa un quarto d’ora di ponderazione su quali  salami da scegliere, siamo a buon punto.
La signora dietro il banco sta iniziando ad arrotolare i prescelti in carta cerata; li avvolge e poi, come fosse un plico di un re medievale, un editto papale, vi appone  un’etichetta adesiva che sembra un sigillo. Ovviamente dopo averli pesato uno per uno, con attenzione intensa e scrupolo: come se tra mani avesse manufatti preziosi tratti da chissà quale scrigno.
Proprio in quel momento, arriva una terza signora e si aggiunge alle prime due. Mette nel mirino del suo sguardo, a cui nulla sfugge, uno dei salami, ormai confezionato ma invano protetto da quegli occhi penetranti che tutto possono.Vedendo e intravedendo.
Anche se il salame ormai è quasi venduto la signora non demorde. Le dita delle sue mani esplorano: soppesano, corrono avanti e indietro sul pacco ormai incartato. Quasi seguissero qualche invisibile mappa che a gente come noi non è dato vedere ma che lei padroneggia benissimo  pondera, valuta, seleziona e giudica. Da come l'involucro risponde alla pressione delle sue dita lei magari è in grado di risalire al salumiere, a chi ha confezionato il salume e indietro ancora, sempre solo soppesando ed esporando l'involucro incartato.
Probabilmente lei potrebbe risalire sino al dove il Varzi è stato stagionato, imbudellato, e ancora e ancora prima. Perché no? Al maiale e a chi lo ha allevato. E magari sa anche indovinare se il lato della vallata dove è cresciuto il suino era quello giusto o quello sbagliato, con  l'esposizione al sole adeguata e, forse, chissà rispondere alla domanda che pare fondamentale: se il vento  ha giocato a favore o contro la riuscita dalla stagionatura.   Dà un'ultima e perentoria tastata e poi emette il verdetto: questo salame che le è capitato tra le mani non va bene. Sì, sarà buonissimo, ma ci vuole ben altro, almeno per come lo deve mangiare da queste parti.  Salame di Varzi alla varzese. Dunque ben duro e stagionato.

3. Solo così, lo sanno tutti, da queste parti,  il salame si può tagliare davvero per oblungo. Solo così le fette s'ampliano, in teoria potrebbero - sotto lama e mano ferma e ben addestrata - estendersi a dismisura, farsi lunghe quasi quanto il salame intero. Una parte che equivale, quasi, al tutto. Un paradosso di vertignosa complessità geometrica e filosofica ma, a Varzi, ci si cimentano e prima o poi lo risolveranno.
Fette oblunghe, d'accordo. Ma il salame duro e stagionato una volta tagliato deve fare la lacrima.
Ricordatevelo. Segnatevelo.
Perché la fetta oblunga appartiene al regno della geometria e della scienza dello spazio ma la goccia che appare sulla fetta tagliata è un indizio mistico. Non appare subito. Una volta deposta la lama bisogna attendere, in silenzio. Senza fare nulla. La lacrima si materializza all'improvviso e prima che la vedano gli occhi è il naso che l'avverte.
Dicono che sappia di vento.
Di vento che viene dal mare.
Di vento che viene dal mare e che soffia in un pomeriggio d'autunno.
Di vento che viene dal mare e che soffia in un pomeriggio d'autunno mescolandosi a profumo di legna.
A profumo di legna che esce dal camino di una delle nostre case.
Ognuno, a questo punto, se la lacrima permette, può continuare a modo proprio. Masticando lentamente. Senza aggiungere una sola altra parola. 


1 commento:

  1. È vero. Non conosco Giorgio da molto tempo. Non dimenticherò mai quella discesa dal Penice: ad ogni curva la luce dei fari perlustrava il bordo strada, e mi sembrava di intravedere cinghialetti, caprioli e lepri raggruppati dietri i cespugli, come in un vecchio film della Disney. Erano lì per origliare: non volevano perdere una singola parola di questo fortuito incontro.
    Anche se, a dire il vero, non era del tutto casuale: sono andato alla Penicina quel giorno sperando proprio di incontrare Giorgio Boatti. È anche vero che certe cose devono succedere per forza, come il giorno in cui sono entrato nella libreria Ticinum a Voghera e mi sono trovato davanti a Guido Conti; anche lui, come Giorgio, un pilastro della Scuola di Narrazione Territoriale. Mi hanno adottato, entrambi.
    Tengo a precisare che “del salame e delle signore di Varzi” è, in realtà, un lavoro a quattro mani; di cui tre sono di Giorgio. È vero che il pezzo pubblicato nasce da un testo mio, ma oltre a correggere una serie di errori ed abusi linguistici, Giorgio ha voluto metterci mano e fare qualche esperimento. Ha sviluppato temi e ha aggiunto dettagli ed idee. Il risultato è un pezzo fresco, più vibrante e accattivante dell’originale. Io sono poeta, e i Quartini, di cui “del salame e delle signore di Varzi” è il secondo, rappresentano non solo i miei più recenti tentativi di scrivere in italiano, ma anche la possibilità di avvicinarmi ad una narrazione in forma di racconto. Credo sia pienamente nello spirito della Scuola di Narrazione Territoriale che, prendendo forma, ci sta facendo scoprire una serie di possibili collaborazione. Spero che questi scambi, con Giorgio, Guido, e gli altri membri presenti e futuri della SNT possono crescere e moltiplicarsi, e se ne volete parlare ancora, troviamoci, e tagliamo un bel salame di Varzi…

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